Avanti con lo Ius Scholae, perché a scuola si impara a unire
Cittadini di fatto ma non di diritto. Questa proposta di legge può restituire dignità a quei giovani che la mattina vivono una normalità fatta di condivisione, inclusione, crescita umana e solidale, ma formalmente non appartengono a nessuna comunitàA scuola si impara ad unire. A costruire ponti ed abbattere muri, spesso innalzati dalla paura. Si impara ad essere solidali. Certo, non sempre si riesce.
Il disegno di legge punta sulla continuità della residenza legale in Italia e soprattutto punta su un dato incontrovertibile: la forza della scuola di svolgere quell’azione che tutti noi le riconosciamo: contrastare ogni disuguaglianza, ogni divario, proporre processi di vera integrazione. Essere la massima espressione dell’art. 3, c. 2 della nostra amata Costituzione. Essere cittadini, oggi, vuol dire in primo luogo accogliere in sé i valori propri di una comunità.
Questa legge affida giustamente alla scuola la responsabilità dei processi di inclusione. Tutta la comunità scolastica, studenti, studentesse e personale è in prima fila per chiederne l’approvazione. Il ciclo scolastico è già di per sé un esame di integrazione. Ragazze e ragazzi di ogni provenienza ed estrazione, cresciuti in Italia, grazie alla scuola hanno accolto e accolgono in sé i valori e i costumi della comunità italiana.
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