La storia di Brandon Jennings, dalla scelta al draft NBA 2009 ai suoi esordi in Italia con la Lottomatica Roma. Un talento incredibile, ma con problemi di tattica e un forte desiderio di raggiungere la NBA.
Con la decima scelta al draft NBA 2009, i Milwaukee Bucks scelgono Brandon Jennings , proveniente dall'Oak Hill Academy. Le parole di David Stern riecheggiano nel Madison Square Garden, il commissioner attende che il giocatore salga sul palco per il classico abbraccio. Ma Jennings non arriva. Dov'era? 'A fare shopping'. Maledetta boccaccia. A Brandon è sempre piaciuto parlare. Troppo.
'Avrei dovuto essere scelto molto più in alto - ha ricordato la guardia - Ma mi cacciai nei guai perché esageravo con le dichiarazioni. Continuavo a sfottere Rubio (lo spagnolo scelto come primo play alla cinque da Minnesota, ndr.), a dire che ero il più forte di quel draft. E questo mi fece scivolare verso il basso. Così quando il mio procuratore mi disse che sarei finito attorno alla tredici, decisi di andare a fare shopping a SoHo. A un certo punto mi squillò il telefono, era l'agente: 'Corri al Madison, ti ha preso Milwaukee con la dieci'. Saltai su un taxi e arrivai sul palco a stringere la mano a Stern, ovviamente in ritardo, quando ormai toccava alla numero 13'. Talento ne ha sempre avuto da vendere: quando palleggiava la sfera sembrava attaccata alla mano come un yo-yo. Creava per sé stesso e per i compagni. Gli unici dubbi erano legati alle letture del gioco, diciamo non eccellenti, e al tiro da fuori, inconsistente. Brandon Jennings è un figlio di Compton, famigerata città a Sud di Los Angeles nota per l'elevatissimo tasso di criminalità. A Compton sono nate le prime vere gang di strada, i tristemente celebri Bloods e i Crips. Se giravi l'angolo e ti trovavi nella zona sbagliata coi colori dell'altra gang, game over. Due anni alla Dominguez High School, poi il salto alla celebre Oak Hill Academy dall'altra parte degli Stati Uniti, in Virginia, scuola preparatoria che ha sfornato talenti cestistici come Carmelo Anthony e Jerry Stackhouse. Nel suo ultimo anno viaggiò alla strepitosa media di 35.5 punti a partita, vincendo una sfilza di premi. Tutte le riviste specializzate lo davano come il miglior liceale d'America. Originariamente scelse di restare nel giardino di casa, accordandosi con la University of Southern California, poi cambiò idea e scelse Arizona, motivando la scelta con un più alto standard accademico - no, non è uno scherzo... - e il desiderio di giocare accanto a Jarryd Bayless. Ma nel giugno 2008 la decisione che fece storia: Brandon divenne il primo americano a saltare il college e firmare con una squadra professionistica d'oltreoceano, la Lottomatica Roma. La NBA doveva attendere perché all'epoca dello sbarco a Fiumicino non aveva ancora compiuto 19 anni e non erano passati 12 mesi dal suo ultimo anno di high school, requisiti necessari per entrare nel draft. L'idea di Brandon era quella di fare esperienza e nel frattempo mettersi in tasca un po' di soldini. 'Roma ci ha convinto con un programma completo e studi personalizzati', disse all'epoca l'uomo che lo portò a Roma, Sonny Vaccaro, che aveva qualche esperienza in quanto a firme importanti dato che fu lui a convincere Michael Jordan ad accordarsi con la Nike, come ben ricorderanno gli appassionati e chi ha visto il film 'Air' dove il ruolo di Sonny lo interpreta Matt Damon. 'La famiglia è impressionata dal progetto - proseguì Vaccaro - Roma provvederà alla scuola del fratello, facendolo anche giocare nell'Under 13 della Virtus'. Per Jennings la famiglia è sempre stata il punto di partenza. Papà Byron si suicidò quando aveva 8 anni. Da allora con la mamma, Alice Knox, e il fratellino, Terrence Phillips, girò per la California, anche arrangiandosi. 'Credo che la fiducia in campo nasca dalle responsabilità che la vita mi ha messo di fronte - disse all'epoca Brandon, che sulle spalle ha tatuato Young Money, con 4 simboli dei dollari Usa - Come un uomo di casa, ho imparato a fare le cose per bene'. I soldi. Un'ossessione. Normale per chi è cresciuto nella povertà. Il basket, il mezzo per arrivarci. Ma a Roma non andò come pensava. Perché l'impatto con la Serie A e l'Eurolega furono pessimi. Nella stagione 2008–09 chiuse con 5.5 punti in 17 minuti a gara in campionato, tirando con il 35% su azione e il 21% da tre. In Europa le cose non andarono meglio: 7.6 punti in 19 minuti col 38,7% e il 26,8% dall'arco. 'È un talento incredibile, ma deve lavorare molto sulla tattica', diceva di lui coach Jasmin Repesa. Inevitabile il divorzio a fine stagione. Sarebbe arrivato indipendentemente dai risultati e dal suo rendimento perché Brandon aveva in testa una cosa sola: la NBA. In trasferta dovevo condividere la stanza con un compagno, dovevamo mangiare sempre insieme. E alcune trasferte le facevamo in pullman 'In Italia era tutto diverso - raccontò dopo essere tornato negli Usa - In trasferta dovevo condividere la stanza con un compagno, dovevamo mangiare sempre insieme, colazione, pranzo e cena. E poi viaggiavamo con i voli di linea, a volte addirittura in pullman. Dovevo portare le mie scarpe alla partita
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