L'articolo analizza le reazioni italiane alla vicenda di Cecilia Sala, imprisionata all'estero, evidenziando la tendenza a semplificare la situazione e la diffusione di teorie complottiste. Si sottolinea inoltre la politicizzazione del caso, con l'utilizzo di Sala come pretesto per esprimere posizioni ideologie su Israele, Palestina, Iran e la Russia.
Quasi sempre, quando un cittadino italiano viene imprigionato all’estero, la reazione più comune della gente è “poteva starsene a casa propria”. Ci secca l’idea che debbano essere spesi dei soldi per salvare qualcuno che si è andato a ficcare in una situazione complicata; del resto sono soldi nostri .
I tanti commenti ignobili su Cecilia Sala, quindi, sono purtroppo ordinaria amministrazione, come anche le insinuazioni sulla falsità di quanto da lei riportato ai genitori nella brevissima telefonata che le è stata concessa: sicuramente non è vero che la trattano così male, le hanno pure permesso di telefonare e alla fine il pacco le è anche arrivato! Un’altra cosa che appassiona molto gli italiani è infatti il profumo di complotto, la stuzzicante idea che le cose...
Nel caso di Sala, però, ci sono altri risvolti ben più meschini. Attorno alla sua figura e al suo caso ruotano molte questioni enormi, che viviamo in modo manicheo e violento: Israele, la Palestina, l’Iran, gli Stati Uniti, ma anche la Russia e l’Ucraina; e di conseguenza il sostegno a una causa o all’altra, la simpatia per un governo o per l’altro. E dobbiamo dire, mestamente, che non si salva nessuna delle parti.
Il problema è che c’è anche chi questo regime lo difende davvero, almeno in parte. Certe aree estremiste di sinistra, essendo ovviamente da sempre antiamericane, sono costrette dalla loro ideologia a simpatizzare per i nemici degli Stati Uniti. Ora che si è scoperto che in questa precisa vicenda potrebbe esserci effettivamente un’interferenza statunitense, gli iraniani, per qualcuno, diventano addirittura “compagni”.
Ora, è normale che un evento come questo apra altre finestre e provochi altre riflessioni. Nulla di male, infatti, se di riflessioni si tratta, anche se forse sarebbe più decoroso attendere tempi più sereni per dedicarvisi. Ma quello a cui stiamo assistendo è l’uso del dramma personale di Sala per screditare l’avversario, insultarlo, attribuirgli affermazioni che non ha mai fatto e descriverlo come un unico blocco informe costituito da persone tutte uguali.
Cecilia Sala Imprigionamento Israele Palestina Iran Complotti Islamofobia
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