Solo in Cina lo stop alle lezioni in presenza è durato di più. È una delle curiosità del rapporto Education at a glance 2020 dell’Ocse che smonta anche la retorica delle «classi pollaio»
Non passa giorno ormai senza che i media italiani parlino di riapertura della scuola. Tra linee guida ministeriali, indicazioni sanitarie, scaramucce politiche e prese di posizione federaliste che ogni giorno riempiono la cronanca, anche chi quotidianamente segue le vicende dell’istruzione di casa nostra rischia di perdere la bussola. E di smarrire la “giusta distanza“ con cui filtrare la realtà, come suggerito dal compianto Carlo Mazzacurati nell’omonimo film di qualche anno fa.
Un aiuto a recuperarla lo fornisce il rapporto Education at a glance 2020 dell’Ocse che dedica un approfondimento all’impatto della pandemia sul mondo dell’Education. Con almeno due informazioni degne di nota. La prima è che da noi, complice il lockdown, le scuole sono rimaste chiuse per 18 settimane contro le 14 della maggior parte dei Paesi Ocse . La seconda è che, quanto al numero degli alunni per classe, stiamo messi meglio di altri.
Un altro elemento di attualità fornito da Education at a glance 2020 riguarda una panoramica sull’affollamento di partenza delle classi. Che, come sappiamo condizionerà non poco la capacità di mantenere una distanza di sicurezza di 1-2 metri tra gli alunni e tra loro e il personale scolastico. Dal rapporto arriva un argomento che consente di smontare, o quanto meno di ridimensionare, la retorica delle “classi pollaio” che sentiamo ripetere quotidianamente.
Numeri alla mano, in Italia, la dimensione media di una classe è di 19 allievi nella scuola primaria pubblica contro i 21 degli altri Paesi industrializzati. Stesso discorso alle medie: da noi accolgono 21 studenti per classe, rispetto ai 23 della media. Se ne deduce che se molte scuole tricolori stanno faticando a riportare tutti in classe per la mancanza di spazi adeguati è soprattutto per la vetustà del nostro patrimonio edilizio.
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