Coronavirus, fra i milanesi in piazza Duomo: “Non possiamo stare chiusi in casa”
«Chiusi in casa non si può. In qualche modo faremo». È una Milano che si risveglia un po’ stordita, un po’ impaurita, ma ancora convinta che «è stato fatto troppo allarmismo. Se dovesse capitare mi curo e spero di non finire in ospedale».
«Il provvedimento non è chiaro. Perché non dovrei uscire o approfittare di un Duomo deserto per visitarlo, se domani comunque mi devo presentare a scuola, dove tra preside e personale, incontrerò almeno una quarantina di persone?», si chiede Nicole, campana d’origine, che fa la bidella in una scuola milanese. «I bambini non ci sono, ma noi abbiamo l’obbligo di andare al lavoro.
A pensarla così anche un’arzilla coppia di anziani, almeno a livello anagrafico, che vive in periferia, in piazza Abbiategrasso, e dalla classica passeggiata domenicale in centro non ha fatto a meno neppure oggi «Pensi che io, per le linee guida, sarei un paziente a rischio», sorride Sergio, 87 anni, dietro i suoi occhiali scuri. «Se dovessimo essere costretti a chiuderci in casa abbiamo un carico libri da leggere, ma per il momento ci affidiamo a chi governa.
«Già non sono andata a sciare in montagna, ma non mi posso tappare in casa», sospira Annalisa, di 42 anni. «Sto attenta, rispetto la distanza del metro di sicurezza e non incontro i miei parenti più in là con l’età. Per il resto credo che sia stato fatto inutile allarmismo: se mi dovessi ammalare, la curerò come una polmonite. Per fortuna sono giovane e in salute».
C’è anche chi è qui per il lavoro, come Lusine, 33 anni, commessa della Rinascente, che non aveva ricevuto alcuna indicazione ma quando si è presentata in mattinata in negozio lo ha trovato chiuso: «Il nostro manager non ha fatto in tempo ad avvisarci e io per sicurezza sono venuta comunque». Il decreto è arrivato in nottata e in molti centri commerciali nelle scorse ore c'è stato caos organizzativo.
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