DeMarcus Cousins, l'ex All Star NBA, si prepara a giocare in Mongolia per i Selenge Bodons. Questa notizia, che sembra impossibile, rivela la carriera fuori dagli schemi del centro americano, segnata da talento straordinario e comportamenti spesso controversi. Dopo diverse esperienze in campionati secondari, Cousins si prepara per una nuova avventura in un paese con un campionato di basket sconosciuto al grande pubblico. Sarà questa la sua occasione per dimostrare il suo valore o un ultimo capitolo di un'avventura strampalata?
La notizia sembra troppo assurda per essere vera, eppure… DeMarcus Cousins giocherà in Mongolia , ha firmato per i Selenge Bodons per il resto della stagione 2024-25. Lo dice la testata Montsame- Mongolia , lo ribadiscono HoopsHype e Basket News. Circola persino un video sui social media della squadra che gli dà il benvenuto, l'aspetta e gli consegna già virtualmente la maglia numero 15.
Suggestione, boutade con supporto della barriera linguistica, oppure è tutto vero? Con il centro 34enne dell'Alabama non si può mai dire. Di certo c'è che la sua carriera è deragliata in modo definitivo e dunque dopo un'ultima recente tappa a Taiwan è verosimile possa continuare il suo tour asiatico altrove. Certo che finire in Mongolia per un quattro volte All Star Nba, medaglia d'oro olimpica con la nazionale statunitense... Quel che è certo è che Cousins, scelta numero 5 da Kentucky University del Draft Nba 2010, si è “buttato via” sul piano sportivo. Il centro di 211 centimetri e 122 chilogrammi (trattabili in base allo stato di forma, diciamo approssimati per difetto) è stato per talento uno dei lunghi più intriganti e completi, in attacco, degli ultimi 20 anni. Eppure è stato scaricato più lui di una cassa al porto. Dopo aver tenuto in ostaggio i Kings per sette anni con le sue paturnie sul parquet e le bizze extra campo, Sacramento l'ha mandato via nel 2017. Da allora ha fatto il giro degli Stati Uniti giocando per New Orleans, Golden State, Houston, i Los Angeles Clippers e Denver. Durando lo spazio di un battito di ciglia in ogni città. Mani morbide, grosso e mobile, se concentrato immarcabile in attacco, ha segnato 12.802 punti in Nba, in 11 stagioni. Tanti. Ma sono stati di più, anche se parrebbe impossibile, i colpi di testa in campo e fuori. Falli tecnici, litigi con compagni e avversari, con i giornalisti, persino con i tifosi. E le risse non le ha animate solo sul parquet, si è dato da fare anche nei club di New York. Tanto, troppo, da mettere su piatto per le franchigie Nba che quando il suo corpo – si è allenato poco e male, nel tempo – ha cominciato a mostrare i segni del tempo e dell'usura, e pure degli stravizi, siamo onesti, gli ha mostrato il ditone negazionista alla Dikembe Mutombo: “No grazie, con noi hai chiuso”. E così il centro di Mobile, in Alabama, è diventato un globetrotter. Lo è sempre stato, nell'animo. Più interessato a dare spettacolo che a vincere, il suo grande difetto che ai Kings è costato anni di digiuno playoff e a parecchi allenatori il posto di lavoro. Cousins è andato a fare l'attrazione in campionati secondari, a Portorico e a Taiwan dove nel 2024 è stato il miglior giocatore delle Finals del campionato, per i Leopards. Gli piace vincere facile… Aveva giocato le Finals Nba con i Golden State Warriors nel 2019 in un ruolo ormai da comprimario rispetto agli anni belli, ma era stato costretto a vedere i Toronto Raptors alzare il Larry O’Brien Trophy, allora. Boogie - il suo soprannome – ha collezionato 137 falli tecnici, in Nba. Incubo per gli arbitri e gli avversari. Una radio sempre accesa per commentare in tempo reale ogni azione di gioco sua e delle squadre contendenti. Nel dicembre 2016 riuscì a sputare via il paradenti, essere espulso, riqualificato e rimesso in campo, segnare il canestro della vittoria contro Portland e attaccare verbalmente gli arbitri e Meyers Leonard, il centro dei Blazers. Il tutto in pochi minuti, un gigante delle controversie, non solo per i centimetri. Nel 2017 ha litigato, ai Kings, persino con l'allora compagno di squadra, Darren Collison. A Sacramento ha insultato George Karl, il suo illustre e anziano allenatore, l'hanno portato via prima che la foga degenerasse in qualcosa di cui si sarebbe dovuto pentire. Ha minacciato tre giornalisti di testate diverse, cercando lo scontro fisico durante un allenamento aperto ai media, usando le intimidazioni per interposta persona con un reporter di Cowbell Kingdom. Ai Kings nel 2012 – era da poco arrivato in California eppure già un cavallo indomabile da Far West – aveva detto cose irripetibili a Sean Elliott, telecronista dei San Antonio Spurs, e Sacramento era stata costretta a fermarlo per due partite prima che la vittima delle sua bravata lo denunciasse, e c'erano estremi penali grossi quanto DeMarcus in quell'occasione, per capirci. L'ultimo colpo di testa l'avrà portato sino in Mongolia? Lo vedremo per davvero sul parquet, lì? Potrebbe aver bisogno di soldi, in California era noto per avere le mani bucate: i guadagni si sono ridimensionati, le cattive abitudini forse no. Oppure qualcuno potrebbe averne utilizzato il “nome” ancora importante a livello di richiamo - ha vinto la medaglia d'oro al Mondiale 2014 e ai Giochi 2016 con Team Usa - per promuovere un campionato sconosciuto. Presto scopriremo com’è andata. Cousins non è tipo da basso profilo, se ha novità da annunciare non è certo timido, non si tira indietro. Nel bene e nel male, con lui tutto è possibil
Demarcus Cousins NBA Mongolia Basket Carriera All Star Controversie
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