Denuncia alla CPI contro Meloni, Piantedosi e Nordio per torture di Almasri Najim

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Una denuncia è stata presentata alla Corte Penale Internazionale (CPI) contro la Premier Giorgia Meloni, il Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il Ministro della Giustizia Carlo Nordio per presunto coinvolgimento nelle torture subite da Osama Almasri Najim. L'atto, definito 'comunicazione' dalla CPI, non implica automaticamente l'apertura di un'indagine. Spetta al procuratore generale decidere se raccogliere ulteriori informazioni o procedere con le indagini.

Alla base della denuncia presentata contro Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio dalla vittima A/75000/23 delle torture di Osama Almasri Najim alla Corte Penale Internazionale ci sono tre presupposti giuridici: la CPI, sulla base dello Statuto di Roma del 1998, può perseguire solo gli individui, e non gli Stati; l'articolo 70 dello Statuto, al quale fa appiglio la denuncia; il fatto che qualunque individuo o gruppo di individui può presentare un simile atto al procuratore della

Corte dell'Aja. Nelle procedure della CPI, in realtà, l'atto non viene definito denuncia ma 'comunicazione'. E, soprattutto, non è un atto che comporta automaticamente l'apertura di un'indagine. In più casi è accaduto che una comunicazione sia stata, fatte le dovute verifiche, cestinata. L'accusa contenuta all'interno della denuncia si potrebbe esplicare in parole semplici come 'un oltraggio alla giustizia' perpetrata dalla premier e dai suoi due ministri. L'articolo 70 fa riferimento infatti ad una casistica di 'reati commessi ai danni dell'amministrazione della giustizia se sono perpetrati intenzionalmente'. Gli avvocati Omer Shatz e Juan Branco hanno fatto riferimento al punto c del comma 1 della casistica elencata dall'articolo 70: 'Influenzare in modo corrotto un testimone; ostacolare o interferire con la presenza o la deposizione di un testimone; ritorsioni nei confronti di un testimone per aver reso una testimonianza; distruggere, manomettere o interferire con la raccolta di prove'. Spetta al procuratore generale, in questo caso come in tutti gli altri, decidere se aprire un'indagine o non farlo, in quanto - recita l'articolo 53 - sia stata determinata 'la mancanza di un ragionevole fondamento per un'azione giudiziaria'. In questa fase la Corte può interpellare anche l'Assemblea degli Stati Parte, ovvero i firmatari dello Statuto di Roma. Il procuratore, nella sua istruttoria, può richiedere informazioni agli Stati parte, all'ONU, a organizzazioni governative o intergovernative. Se reputa fondata la denuncia, presenta alla Camera Preliminare una richiesta di autorizzazione alle indagini, unitamente ad ogni elemento di supporto raccolto. Con il via libera della Camera Preliminare, il procuratore può chiedere ai giudici di esaminare: un mandato di arresto internazionale, per la cui applicazione è necessaria la collaborazione degli Stati membri; l'ordine di presentarsi di fronte i giudici, che se violato, è seguito dal mandato di arresto. La fase successiva è denominata Pre-Trial Stage e può essere attivata solo con la presenza del soggetto accusato. In udienza sono ascoltati il procuratore della CPI, la difesa, i legali delle vittime. Entro 60 giorni il collegio decide se il processo decade o può continuare. Nel secondo caso inizierà il Trial-Stage: il procuratore deve provare la colpa dell'accusato oltre ogni ragionevole dubbio davanti ad un collegio giudicante di tre giudici. Al termine del processo ci sarà il verdetto. La CPI prevede, comunque, che ci possa essere un ricorso in appello

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