Nelle corsie dell’ospedale di Biella, sos al territorio: le tute sono finite come le mascherine.
BIELLA. Stendono i panni sui fili che corrono da un muro all’altro. Come fosse una casa di ringhiera. Invece è una corsia dell’ospedale di Biella, ormai costretto a lavare le tute di medici e infermieri, farle asciugare e rimetterle. Non ce ne sono più, come le mascherine, bene ormai prezioso più di acqua e cibo. L’ultimo camion con gli approvvigionamenti della Regione è arrivato vuoto. «E alcuni di noi sono scoppiati in lacrime» racconta il personale sanitario.
Il povero Gino Mantillaro, primo cittadino lavoratore, non poteva immaginare di finire al centro del bersaglio: «Faccio quello che posso. Penso al bene della mia gente, dei dipendenti del Comune. Ho saputo di un’azienda biellese che le vendeva e le ho comprate. Ma per carità, se si tratta dell’ospedale una cinquantina le tengo da parte e farò in modo di consegnarle, di più non riesco.
Lontana dal cuore dell’impero, nella tragedia coronavirus questa provincia si scopre sola e abbandonata proprio nella battaglia di trincea, quella combattuta da medici e infermieri. Le risposte immediate arrivano da quei biellesi che hanno deciso di fare da soli. Sempre ieri Art From Italy , saputo del dramma ha fatto in modo di portare 200 mascherine direttamente in un reparto tra i più in crisi.
Più o meno nelle stesse condizioni dell’ospedale lavorano anche forze dell’ordine e i volontari del soccorso. Lo stesso sindaco di Biella, ieri nella sede della Protezione civile, prima ha salutato la donazione di un respiratore da parte della ditta Esse 3 di Castelnuovo Don Bosco. Poi ha chiesto: «E le mascherine? Le ho sollecitate tre volte». Risposta: «Domani sarà la volta buona. Forse».
Domani, intanto, i morti saranno già una settantina secondo i dati raccolti sul territorio, in attesa della convalida da parte della Protezione Civile; più di 400 i contagiati, di cui circa 200 proprio in un’ospedale che non si può lasciare solo.
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