Musulmani pragmatici ed ebrei contrari a Netanyahu, finora compagni di strada, sono trasformati in nemici da un conflitto che tribalizza la società anche lontano da Gaza | Editoriale di Massimo Gaggi per il Corriere
nella sezione preferiti e sull'app Corriere News.Musulmani pragmatici ed ebrei contrari a Netanyahu, finora compagni di strada, sono trasformati in nemici da un conflitto che tribalizza la società anche lontano da Gazacortei pro Hamas nei campus universitari, tanti afroamericani filo-palestinesi perché «gli oppressori sono sempre bianchi e Israele è bianco e colonialista».
: quello dell’antisemitismo ma anche quello dell’islamofobia. Dopo l’attacco del 7 ottobre le denunce di aggressioni a ebrei sono passate da una media di 20 a 500 al giorno. E si sono moltiplicati anche gli attacchi agli araboamericani. Una tenda che è da sempre un cantiere di strappi e rattoppi, con leader abituati a pattinare sulle contraddizioni, a smussare i conflitti. Stavolta è molto più difficile: in Congresso 16 dei 212 deputati democratici non hanno votato la risoluzione che solidarizza con Israele per le migliaia di cittadini uccisi, feriti e rapiti da Hamas.
. Ha ribadito il sostegno a Israele, la politica seguita nel Dopoguerra da tutti i leader americani di ogni colore politico, ma preme quotidianamente su Netanyahu per limitare l’offensiva di terra ed evitare attacchi nei quali il prezzo dell’eliminazione di un terrorista è un massacro di civili. Ma Rashida Tlaib, sua deputata del Michigan di origine palestinese, lo ammonisce: «Biden, l’America non è con te: svegliati e prendine atto».
. Certo, sono reazioni a caldo, manca ancora un anno alle presidenziali. E negli Usa la comunità araba è molto più piccola di quella ebrea. Ma, mentre quest’ultima è concentrata soprattutto in Stati solidamente democratici, da New York alla California, ci sono comunità arabe significative in Stati conquistati tre anni fa da Biden con margini molto ridotti, a volte poche migliaia di voti.
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