Da Prodi a Parisi fino a Veltroni e a Bindi: ecco chi sono e perché la pensano in maniera diversa dal segretario
Da Prodi a Parisi fino a Veltroni e a Bindi: ecco chi sono e perché la pensano in maniera diversa dal segretarioPrima il No di Romano Prodi, poi quello di Arturo Parisi, “padre” delle primarie e dell’Ulivo, poi quello della pasionaria Rosy Bindi, infine il No di Walter Veltroni, il fondatore del Pd, quello delle origini, del Lingotto 2007. «Non si può fare un taglio dei parlamentari senza una riforma complessiva».
Ecco, se a questo si somma l’ostilità del popolo di sinistra ad un referendum che offre l’occasione di restituire un calcio agli odiati grillini, si capisce come il segretario fatichi a tenere la posizione del Sì, tanto più con un partito spaccato, dove tutti gli ex presidenti, Bindi, Orfini, Cuperlo, sono per il No.
Nella tradizione che va dall’Ulivo degli anni ’90 fino al Pd 2.0 la bandiera sventolata è sempre stata quella del maggioritario, ammainata ormai viste le condizioni date, in un paese che ha archiviato la rincorsa al bipartitismo stile anglosassone. Archiviato il maggioritario, però non vuol dire che siano archiviati gli ideali di chi vi sia affezionato e nei ranghi parlamentari non sono pochi quelli sensibili ai dettami dei padri fondatori.
Ecco perché per il Pd si annunciano giorni infuocati, quando da lunedì si tireranno le somme non solo delle perigliose elezioni regionali, che possono mettere a rischio il governo, ma anche del referendum. E quando si tornerà a discutere in aula della legge elettorale, a ottobre, le trappole sono sempre dietro l’angolo, per sabotare gli accordi con i grillini e indebolire la segreteria.
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