L'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca segna un nuovo capitolo nella geopolitica economica globale. L'analisi esplora le implicazioni di questo cambio di paradigma in particolare per la transizione ecologica, sottolineando il ripensamento delle priorità globali e la possibile influenza sul settore finanziario e sugli investimenti sostenibili.
In attesa del 20 gennaio, data dell'insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump , assistiamo a una serie infinita di prese di posizione. Anzi, di riposizione. Non è un esercizio di fantaeconomia domandarsi quale sarà l'effetto a cascata del pellegrinaggio di tanti esponenti del business, non solo dei magnati del web, alla corte di Mar a Lago. Lo ha scritto bene Massimo Gaggi, spiegando sul Corriere le tante implicazioni di quella che si annuncia essere una «presidenza imperiale».
E non è fuori luogo ritenere che l'eco di questo ripensamento globale e persino estetico delle priorità e delle regole non interessi un po' tutto il mondo internazionale degli affari e non finisca anche per cambiare l'atteggiamento di molti imprenditori europei ed italiani. Così fan tutti. Il voltafaccia di Mark Zuckerberg, che rinuncia al controllo della veridicità dei fatti sulle proprie piattaforme inseguendo il modello X di Elon Musk, soltanto alcuni anni fa sarebbe stato improponibile e osceno. Lo scandalo Cambridge Analytica sembra essere stato del tutto dimenticato. Eppure riguardava la manipolazione delle notizie e l'uso improprio degli account di Facebook che avrebbero favorito la campagna elettorale di Trump nel 2016. Lo stesso Zuckerberg si dovette scusare davanti al Congresso e da lì discese tutta una stagione di discussioni sulle responsabilità editoriali dei padroni dei social network, ansiosi di darsi delle regole e persino desiderosi che il potere politico gliele imponesse. Sembra l'altro secolo, era soltanto l'altro ieri. Poi c'è l'ampio movimento anti woke, o meglio quella ribellione al politicamente corretto che ha alimentato l'affermazione di Trump e che il nuovo potere alla Casa Bianca sdogana e incoraggia, svelando peraltro qualche cripto-negazionista del riscaldamento climatico. Che si sia esagerato arrivando a forme di «follemente corretto», come le chiama Luca Ricolfi, non c'è dubbio. L'interrogativo di fondo è se questa ondata travolgerà veramente, come in parte sta già avvenendo, anche la transizione ecologica. Se lo sono chiesti Kenza Bryan e Patrick Temple-West in una approfondita analisi sul Financial Times. Il clamoroso fallimento della Net zero banking alliance (Nzba) che ha visto in sequenza il ritiro dei principali partner, tra gli ultimi Citigroup, Bank of America e Morgan Stanley, è spiegato da un lato dall'eccesso di regole e dall'altro dalla necessità politica di apparire - un po' come è avvenuto per Zuckerberg - non troppo eccentrici rispetto ai desiderata della nuova amministrazione e agli orientamenti dell'opinione pubblica americana. E Larry Fink, facendo una scelta analoga con BlackRock, ha smentito anni di prediche planetarie sulla sostenibilità impartite ai capi azienda di tutto il mondo. I fondi Esg (Environmental, social and governance) sono stati messi sotto accusa, se non fuori legge, in diversi stati americani. Ciò ha comportato alcuni importanti deflussi. Secondo i dati Statista del 2 gennaio scorso, nel terzo trimestre del 2024, il fondo sostenibile che ha registrato i maggiori deflussi è stato lo Us Equity Tracker Fund di BlackRock con circa 3,74 miliardi di dollari. Altri due fondi americani, con sede in Europa, come BlackRock Coutts UK Esg Insights Equity Fund e 1895 Wereld Bedrijfsobligaties Fonds hanno perso rispettivamente 2,02 e 1,37 miliardi di dollari. Ma se appare, soprattutto in questi giorni, incontenibile la forza della politica (si pensi solo alle scelte di Jeff Bezos e del suo Washington Post) non va sottovalutata però l'inerzia di mercato che guida le scelte di tante imprese e istituzioni sulla via della decarbonizzazione. Un riflusso nella transizione energetica è inevitabile, ma una completa retromarcia è del tutto inverosimile. «Quello che sottovalutiamo in questo momento — è l'osservazione di un consulente di grandi investitori internazionali come Alessandro Albano — è che i tempi della finanza e degli enormi investimenti nelle rinnovabili e nelle tecnologie per la decarbonizzazione sono molto più lunghi di quelli di una pur strapotente presidenza americana, sono sommovimenti profondi. Nessun governo, per quanto forte, potrebbe oggi invertire questo trend storico di sopravvivenza del pianeta. Prevedo qualche inevitabile rallentamento. Una frenata soprattutto nei fondi sulla sostenibilità, spesso solo formalmente in linea con i criteri Esg che ricordo non sono mai stati norme di legge, la loro origine è del tutto privatistica. Inoltre, troppi fondi hanno spesso nascosto un’ampia attività di greenwashing facendo apparire verde anche ciò non lo era per niente, intaccando la reputazione dell’intero settore». Nino Tronchetti Provera, con la sua Ambienta ha investimenti in diverse attività green per 4 miliardi. Non ha problemi nell’ammettere che le esagerazioni non sono mancat
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