Da quindici anni i partiti britannici, in particolare i conservatori, non sembrano in grado di capire la portata delle sfide che il paese ha di fronte. E la campagna per le elezioni del 4 luglio lo conferma. Ma in futuro tutto dovrà cambiare Leggi
Da quindici anni i partiti britannici, in particolare i conservatori, non sembrano in grado di capire la portata delle sfide che il paese ha di fronte. E la campagna per le elezioni del 4 luglio lo conferma. Ma in futuro tutto dovrà cambiareLa politica britannica ha un gusto spiccato per le baracconate. Trasforma il parlamento in un teatrino chiassoso e la campagna elettorale in una sfilata di pagliacci.
Il concetto di “autonomia strategica” nella difesa e nel commercio domina il dibattito nell’Unione europea. Crescono le spinte protezionistiche. Le dispute sui dazi, sui trasferimenti di tecnologia, sull’energia e le materie prime saranno tra blocchi continentali, rendendo ancora più onerosa la rinuncia di Londra a sedere al tavolo di Bruxelles.
Questa chimera ugualitario-libertaria è stata stroncata dal covid-19. La risposta alla pandemia ha fatto crescere il debito pubblico in modo stratosferico, mettendo in moto una catena di eventi che hanno costretto Johnson alle dimissioni. Poi è arrivata la guerra in Ucraina a far impennare le bollette e l’inflazione.
L’invecchiamento della popolazione pesa sempre di più sul servizio sanitario e presto metterà a nudo le condizioni pietose in cui si trova l’assistenza sociale. Dal lato opposto dello spettro demografico, l’allargamento dei servizi di assistenza per l’infanzia, promesso dai laburisti e dai tory, si scontra con la mancanza di posti negli asili nido. Le scuole faticano a trattenere gli insegnanti.
Questi problemi non sono comparsi all’improvviso la mattina dopo il referendum. Gli archeologi alla ricerca degli errori politici hanno molto materiale in cui scavare: dai piani di austerità di George Osborne all’indolenza dei laburisti all’alba della crisi finanziaria; dalle disuguaglianze strutturali favorite dalle riforme dell’era Thatcher allo sperpero dei ricavi del petrolio del mare del Nord.
Starmer si attiene strettamente alle promesse che pensa di poter mantenere: 6.500 nuovi insegnanti; liste di attesa più corte nella sanità pubblica; un nuovo ufficio di comando per la sicurezza delle frontiere. La sua proposta è pensata per un mercato politico post-Brexit, post-Johnson e sempre più cinico, dove ogni impegno altisonante desta sospetti.
Elezioni Regno Unito Rishi Sunak Keir Starmer Laburisti Conservatori
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