È in politica dal 1970: attraversando tre coalizioni e dieci sigle è passato da De Mita a Di Maio. Adora i pullman, la bici e i cda
Riassumendo: i socialisti, da quando non c'è più il partito, si attaccano di volta in volta a destra o a sinistra per fare eleggere qualcuno. Bruno Tabacci, il contrario. Sono gli altri che si attaccano a lui, indipendentemente dal fatto che in quel momento sia a destra o a sinistra, per cercare di entrare in Parlamento.
Il passato invece è una sicurezza. La sua carriera politica Prima Repubblica, seconde file e terzo polo moderato sono cinquant'anni che si srotola fra liste, listoni e raggruppamenti, dalla scuola d'eccellenza di Giovanni Marcora, del quale fu l'ambizioso «ragazzo spazzola», al salvataggio dei radicali di Emma Bonino, per finire oggi coi grillini dissidenti. Al cospetto la Gelmini e la Carfagna sono un fulgido esempio di coerenza.
Tabaccisauro in grisaglia di quel che fu la preistoria Dc, il «compagno Br1» è il moderato del moderatismo cocchiero della sinistra, utile a fottere la maggioranza silenziosa che vota sempre a destra per ritrovarsi nella palude delle larghe intese. Anche se poi, qualsiasi poltrona gli va bene. Domanda: ma il fatto di essere così spesso invitato a La7 nella trasmissione di Giovanni Floris in cui uno degli autori è il suo portavoce Carlo Romano, è un conflitto di interessi o un semplice mistero dei palinsesti televisivi? #dimartedì
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