In Africa i paesi governati da giunte militari stanno faticando più degli altri a risolvere le tensioni sociali causate dalla pandemia e della guerra in Ucraina. La crisi della democrazia aggrava quella alimentare, scrive Le Monde.
Il nome di Thierno Mamadou Diallo sarà dunque il primo di una lunga lista di annunci di morte provenienti dall’Africa occidentale? Una vittima collaterale e innocente di una guerra combattuta a seimila chilometri dal suo paese? Il diciannovenne guineano è caduto sotto i colpi esplosi con ogni probabilità dalla polizia a Conakry il 1 giugno scorso, a margine di una protesta spontanea contro un improvviso aumento del prezzo del carburante.
Come molti altri stati, la Guinea sta subendo i contraccolpi economici della guerra in Ucraina e delle sanzioni internazionali contro la Russia. “Oltre ai danni causati dalla pandemia di covid-19, l’invasione russa dell’Ucraina dello scorso 24 febbraio, ha aggravato il rallentamento economico globale”, ha avvertito la Banca mondiale a inizio giugno. I prezzi dei cereali e del petrolio sono saliti alle stelle, minacciando di aumentare la fame nei paesi poveri.
Naturalmente i paesi africani produttori di petrolio stanno in parte beneficiando dell’aumento dei prezzi. “Ma questo non è certo il caso di tutti i paesi importatori africani”, osserva Agritel. L’aumento del prezzo del petrolio porta automaticamente a quello dei costi di produzione di fertilizzanti e pesticidi, nonché dei costi legati all’uso di macchinari agricoli e al loro trasporto.
In Guinea, Burkina Faso, Mali e Ciad le giunte militari al potere non hanno la legittimità politica per gestire le tensioni sociali