L'Italia è pronta ad affrontare le possibili sanzioni commerciali imposte dalla nuova amministrazione americana. Il governo Meloni cerca di minimizzare i danni e di utilizzare il rapporto privilegiato con Trump per ottenere trattamenti di favore. A Bruxelles sono in corso trattative per ridurre l'impatto dei dazi.
Il primo dato da cui partire, di cui a Palazzo Chigi non fanno mistero, è che «l’ Italia sarà colpita». Bisognerà vedere l’entità delle misure commerciali che la Casa Bianca prenderà contro il nostro Paese, che fra l’altro è insieme alla Francia e ad altri due Stati della Ue l’unico ad avere una legislazione fiscale sui colossi del web americano.
E bisognerà vedere, ma è tutto da verificare, se il rapporto privilegiato che Giorgia Meloni ha sviluppato con Donald Trump darà i suoi frutti, producendo alcuni trattamenti di favore verso il nostro export. Oggi Giorgia Meloni sarà nella capitale belga per partecipare ad un Consiglio europeo informale basato sulla ricerca di finanziamenti e di idee nuove verso un target che ormai appartiene a tutti, senza distinguo: la consapevolezza che va fatto un salto industriale e finanziario nel settore militare europeo, d’intesa con la Nato e con la Gran Bretagna. Mark Rutte, come leader Nato, parteciperà a uno dei tavoli di lavoro. Il premier britannico Starmer sarà alla cena di lavoro. Ma è indubbio che il tema dazi, i primi colpi ricevuti da Messico, Canada e Cina, e le prime ritorsioni, faranno capolino nel dibattito fra i 27 capi di Stato e di governo. La Francia, che in una possibile dinamica asimmetrica dei dazi che l’amministrazione metterà sui prodotti europei rischia più di altri, fa già la faccia feroce: «È ovvio che dovremo reagire in modo efficace, concentrandoci sui prodotti che sono importanti per gli Stati Uniti», prevede il ministro dell’Industria francese, Marc Ferracci. Ma se si bussa dalle parti della Commissione europea al momento si riscontra una posizione attendista. Sembra di capire che dagli uffici della von der Leyen, in queste ore, è stato aperto un collegamento negoziale con la Casa Bianca, e Bruxelles — che ha la titolarità della politica commerciale per tutti e 27 i Paesi — sta cercando di offrire dei pacchetti, da maggiori acquisti di gas liquido a stelle e strisce sino a un aumento della spesa militare fondata su armi made in Usa, che potrebbero riportare la bilancia commerciale fra Europa e Stati su un livello meno sbilanciato. Bisognerà vedere se questi tentativi produrranno dei frutti e spingeranno Trump ad attendere, o se comunque arriveranno prima le misure di restrizione commerciale che il nuovo inquilino della Casa Bianca ha promesso e poi cercare di studiare una risposta. E qui si torna alla posizione del governo italiano: in questa fase Meloni non può che cercare di minimizzare i danni per la nostra economia (gli americani, per esempio, potrebbero colpire lo Champagne, considerato un bene di lusso, e non il nostro Prosecco, o il Franciacorta), consapevole che una volta definiti i dazi contro i singoli Stati della Ue inizierà la fase di risposta che invece non sarà bilaterale. Come avvenuto con il primo mandato di Trump infatti la risposta sarà a maggioranza e sarà presa dal Consiglio europeo. Ed è a quel punto che Roma dovrà decidere che posizione tenere. Oggi, nonostante ufficialmente non sia in agenda, capi di Stato e di governo europei si confronteranno su queste materie. E ovviamente chi ha notizie riservate, sulle intenzioni di Trump, se riguardano il proprio Paese, e se sono di favore, le terrà in un ragionevole riserbo. Al momento è ancora in atto un tentativo di negoziare prima e non dopo la firma di un nuovo decreto esecutivo alla Casa Bianca, e le quote di contribuzione alle spese Nato — rispetto alle quali tutti dovranno fare uno sforzo in più, compresa e soprattutto l’Italia — sono in testa all’agenda di questi scambi informali
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