Jannik Sinner, dopo aver conquistato il suo terzo titolo Slam all'Australian Open, è alle prese con la gioia della vittoria e la pianificazione del futuro. L'articolo descrive la sua umile celebrazione del trionfo, le sue ambizioni nei prossimi tornei e le sue scelte personali riguardo al suo tempo libero.
Sul lago di Albert Park, al centro del circuito di Formula Uno, si addensano nuvoloni neri. Ma il campione è allegro, stropicciato da una notte insonne però finalmente felice con il suo trofeo dell’ Australian Open in braccio. L’appuntamento è poche ore dopo che è andato a letto.
Le ultime foto ricordo, l’incontro con un bambino (italiano) sorteggiato al locale tennis club in rappresentanza di tutti i piccoli tifosi del mondo, che in Jannik Sinner vedono un punto di riferimento, un modello da imitare, un adulto alla cui serietà sul lavoro provare, un giorno, ad avvicinarsi. Eccolo, il padrone bis di Melbourne, rivestito dagli abiti dello sponsor del lusso, uno dei marchi privilegiati che hanno avuto accesso alla galassia del numero uno, un portfolio che copre Usa, Europa, la piccola Italia provincia dell’impero, presto l’Asia. Il senso dell’esibizione Six Kings Slam a Riad, oltre all’appetibilità del montepremi (6 milioni di dollari da vincitore imbattuto), era quello di un primo sondaggio nel pianeta dei petrodollari. Il mese di dicembre in off season a Dubai si spiega anche così. Seguirà, a breve, l’Atp 500 di Doha (Qatar). E presto, c’è da scommetterlo, un marchio che copra il Medioriente e, magari, parte della confinante Asia. Necessità merceologiche del leader di uno sport globale. Ha festeggiato il trionfo di Melbourne, terzo titolo Slam della carriera a 23 anni? Certamente sì. Alla sua maniera. Jim Courier, che qui ha vinto due volte, aveva l’abitudine di un tuffo nel fiume Yarra. Ma l’eccentricità non è tra i talenti del ragazzo dell’Alto Adige. Jannik, in linea con il suo modo di essere, ha scelto una celebrazione di basso profilo. A New York, la sera del trionfo, aveva cenato con Anna Kalinskaya e il team nella suite del Baccarat, il lussuoso hotel dirimpetto al Moma, adornata di palloncini. A Melbourne si è seguito lo stesso schema. Il campione stravolto di stanchezza attorniato da parenti, il fratello Mark e la fidanzata, e fedelissimi. «Momenti semplici da trascorrere insieme dopo due settimane caotiche: siamo rimasti tra di noi per una cenetta» ha raccontato senza troppa voglia, al solito, di fornire dettagli. Eppure siamo curiosi, vorremmo sapere come si rilasserà nei pochi giorni di vacanza («Niente di speciale, ma un buon riposo gioca un ruolo importante in un buon recupero»), se ha finito Animal Kingdom, la serie che può vedere solo in Australia o in Canada, se giocherà dal 3 febbraio a Rotterdam, l’Atp 500 olandese che gli è rimasto nel cuore perché gli concesse, sulla fiducia, una wild card quando era appena diciottenne («Boh, vedremo…»). Ma Jannik ha solo voglia di staccare la spina e smettere di rispondere alle domande. L’anno scorso ci regalò il sublime aneddoto di lui che chiama mamma Siglinde a Sesto Pusteria dopo il trionfo e lei che non risponde perché ha da fare. A questo giro? «Ci siamo sentiti. Una cosa veloce, giusto per controllare che a casa dai miei fosse tutto a posto». Pare di capire, in coda a un foto shooting bagnato dalla pioggia per l’arrivo del nuvolone di cui sopra (Sinner rifiuta l’ombrello che gli offrono e si bagna come noi), che non sarà al Quirinale dal presidente Mattarella mercoledì mattina, insieme alla squadra che ha riconquistato la Coppa Davis a Malaga nel novembre scorso e alle azzurre di Billy Jean King Cup. Alla domanda, risponde evasivo: «Mah, boh, eh, è da vedere…». Il preambolo, di solito, di una rinuncia. Nessuno sgarbo alle istituzioni, in quel caso. Semplicemente il desiderio di non farsi tirare per la giacchetta dalla politica e dal generone come accadde nelle tre indimenticabili giornate di sinneriadi romane l’anno scorso, quando Jannik atterrò a Roma da Melbourne con la coppa dentro un sacchetto di panno verde (problemi di incompatibilità tra Vuitton, che disegna la custodia del trofeo, e Gucci, lo sponsor personale). Dove andrà? Cosa farà? L’ipotesi famigliare: a Sesto Pusteria dai genitori, a cui affidare anche la replica del 19° titolo della carriera («Il mio appartamento a Montecarlo è piccolo, tengono tutto loro»). L’ipotesi banale: a Montecarlo via Nizza, l’unico luogo della terra — poiché popolato solo di miliardari e stelle dello sport — in cui nessuno gli rompe le scatole, anzi le rompe lui agli amici piloti. Intanto, Jannik si è imbarcato su un volo destinazione Dubai, su cui ha trovato lo stesso Zverev. È sfumata quindi l’ipotesi romantica: niente Singapore, che da Melbourne è dietro l’angolo. Anna Kalinskaya, che ancora indossa gli orecchini che Jannik le ha regalato nel blitz a Miami del 2 dicembre scorso per festeggiare insieme il 26esimo compleanno di lei, è testa di serie numero uno del torneo Wta scattato ieri. Prima il dovere e poi il piacere, come gli hanno insegnato.
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