Nel cuore di Torino, un laboratorio nascosto all'interno dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli si dedica alla certificazione delle bevande spiritose. Scopri come avviene l'analisi, sia chimica che organolettica, e il ruolo fondamentale svolto dai 'chimici assaggiatori' nel garantire la qualità e la sicurezza delle bevande alcoliche.
Nell'austero palazzo giallo antico che alle spalle del Villaggio Olimpico di Torino ospita l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Piemonte e Valle d'Aosta, due piani sono dedicati ai laboratori. Ci lavorano 34 persone tra chimici, biologi e tecnici.
Ed è qui che nel 2011, in Italia, è cominciata l'analisi delle bevande spiritose, allegro nome con cui si identificano i superalcolici, cioè tutte quelle bevande che hanno un tasso alcolico superiore al 15 per cento, per certificarne la IGP, l'indicazione geografica protetta. In realtà nei laboratori di Torino si analizzano anche alimenti, plastiche e gemme, in particolare i diamanti grezzi, ma la certificazione delle bevande spiritose è una specializzazione di questa Agenzia territoriale. I controlli dell'ADM “Ci sono due tipi di controlli sulle bevande spiritose – ci spiega Emiliano Calcagno, dirigente del laboratorio chimico ADM di Torino - uno istituzionale per verificare che vengano prodotte nel rispetto nelle norme di legge, e un altro come supporto alle aziende. Sono cioè le stesse ditte produttrici che ci chiedono di analizzare le loro bevande per certificarne la bontà e la regolarità, secondo i disciplinari del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste. Ricette che indicano quantità minime e massime degli ingredienti e le modalità di preparazione”. Ma come si testa una bevanda spiritosa? Qui cominciano le curiosità, perché “esistono due analisi parallele che vengono svolte, prosegue Calcagno: una puramente chimica, per verificare che alcuni componenti non superino i limiti di legge, ad esempio il metanolo che sopra una certa soglia è dannoso per l’organismo, oppure che altri non siano sotto un certo limite, e un’analisi organolettica, per accertare che la bevanda possieda anche il gusto e l’odore giusti per essere qualificata come IGP. D’altronde questa è una sigla fondamentale per le aziende. Una grappa che non supera questo controllo, ad esempio, non potrà chiamarsi grappa, ma “acquavite di vinaccia”. Oppure l’ormai famoso genepy potrà avere sull’etichetta solo la scritta “liquore di erbe”, con una conseguente pesante ripercussione sul marketing e sulle vendite del prodotto”. Il panel per l'analisi organolettica Eccezionalmente abbiamo potuto assistere ad una sessione di queste analisi organolettiche ed è un’esperienza davvero particolare, un rito che non ti aspetti tra questi corridoi austeri e i bricchi e le pipette di un laboratorio: il panel di assaggio è composto da cinque chimici e un capo-panel. Si siedono attorno a un tavolo, con le bottiglie da testare. Le etichette sono coperte, l’assaggio deve essere anonimo. Versano la bevanda spiritosa nei bicchieri, prima ne osservano il colore, poi ne sentono l’odore. Questo è un passaggio fondamentale. E infine, a piccoli sorsi, ne assaporano il gusto. Solo dopo, ognuno scrive la propria valutazione su una scheda tecnica, compilando tutti i campi richiesti. Il passo successivo è la discussione dei vari pareri: ogni assaggiatore esprime il proprio giudizio sui parametri organolettici della bevanda e il capo-panel fa la sintesi di questo percorso, certificando o meno il passaggio del test. Durante ogni sessione, si testano al massimo tre o quattro bottiglie. I chimici assaggiatori “È uno dei pochi test in cui gli strumenti sono esclusivamente umani, solo olfatto e gusto intervengono - commenta Calcagno – abbinati naturalmente alla conoscenza. Sono chimici che hanno frequentato e superato un apposito corso. Si tratta di personale selezionato, con un gusto e un olfatto spiccato, fuori dal comune. L’assaggio, inoltre, deve avvenire in condizioni “normalizzate”, le papille gustative cioè devono essere in una condizione neutra che permetta di recepire ed “ascoltare” fin nel profondo il gusto, senza essere influenzate da fattori esterni. Quindi gli operatori non devono aver mangiato o bevuto caffè almeno un’ora prima del panel. Tuttavia, nonostante gli strumenti utilizzati siano olfatto e gusto di donne e uomini, non dobbiamo pensare che il giudizio sia soggettivo. Il giudizio è oggettivizzato, reso standard, perché gli assaggiatori sono addestrati a valutare precisi criteri, anche se percepibili attraverso i sensi”. Nel 2023 il laboratorio chimico di Torino ha analizzato 1332 bevande, 1205 nel 2024. Si tratta di un’attività fondamentale per combattere contraffazioni e adulterazioni, sempre più sofisticate, delle bevande alcoliche. Controlli che salvaguardano la salute delle persone e l’economia delle aziende oneste. Perché anche se non lo sappiamo, dietro ad ogni nostro brindisi c’è sempre un chimico che ci consente di alzare quel bicchiere con più leggerezza. E più sicurezza
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