Un'analisi delle possibilità dell'Inter di vincere la Champions League, considerando la rosa completa, la presenza di leader esperti e la capacità strategica di Simone Inzaghi.
La premessa è fondamentale: un torneo è molto diverso da un campionato, in cui - nella continuità - è difficile che i valori non vengano rispettati. Momenti di difficoltà possono essere assorbiti nel lungo periodo. In una Coppa, perché è di questo che stiamo parlando, le potenzialità sono ovviamente importanti, ma nessuno può sapere in che condizioni si troverà una squadra a ridosso di una sfida a eliminazione diretta.
In due partite puoi, per contingenze particolari, trovarti in uno stato di forma migliore, senza infortuni, senza squalifiche, insomma complessivamente meglio di chi magari è banalmente… più forte. E l’esempio è sotto gli occhi di tutti: giocare adesso, o aver giocato in questo periodo, con il Manchester City o con il Real Madrid è una cosa, chissà invece cosa succederà tra tre settimane o due mesi. Ed è per questo - perché entrambe hanno fallito il pronostico di una qualificazione diretta - che adesso rischiano di ritrovarsi di fronte in uno spareggio che - giustamente - ha il sapore di una finale anticipata. Detto questo, la domanda d’attualità è semplice e allo stesso tempo solenne: ma dopo aver visto tutte le squadre, dopo la prima risposta del campo, l’Inter ha davvero le sue fondate chance di poter vincere la Champions? Obiettivo, tra l’altro, più o meno apertamente dichiarato anche all’interno. E la risposta, in questo caso, è assolutamente sì. E la classifica della prima parte fotografa perfettamente la questione: la squadra, anzi il gruppo di Simone Inzaghi, è tra i migliori e soprattutto più affidabili della competizione. E la parola “affidabilità” comprende tutte le caratteristiche che bisogna avere per arrivare sino in fondo. Riassumibili in quattro punti. L’Inter ha una rosa completa, allargata. Ha naturalmente calciatori importantissimi, quasi insostituibili, come Lautaro Martinez, ma ha il pregio di avere alternative, perché chiamarle riserve è davvero un’offesa, di primissimo livello. È stato già detto, ma vale la pena ribadirlo: il centrocampo di scorta dei nerazzurri - formato da Frattesi, Asllani e Zielinski - sarebbe probabilmente titolare da molte altre parti. Barella, Calhanoglu e Mkhitaryan hanno una chiara precedenza, ma Inzaghi può immaginare in alcune partite - magari di campionato - a una rotazione che non faccia scendere il livello complessivo. E, senza arrivare a questi picchi, anche in difesa, sugli esterni e in attacco, le alternative non mancano. In ogni squadra, anzi in ogni gruppo, contano la qualità e la quantità della rosa. Ma c’è una componente diciamo così inafferrabile che spesso viene sottovalutata. La possibilità di poter contare sui leader, su quei giocatori che conoscono le vittorie ma anche i momenti delicati. E l’Inter di leader, che non vuol, dire i calciatori migliori, ne ha tanti. Da Sommer ad Acerbi e De Vrij, da Pavard ai centrocampisti che abbiamo citato, da Lautaro ad altri, per evitare che qualcuno si offenda. In una doppia sfida di Coppa capita di dover andare oltre se stessi, oltre certi schemi e moduli, anche mentali, e avere gente in grado di leggere i momenti e le situazioni è fondamentale. L’Inter ha giocatori di grande esperienza, come dicevamo, che hanno consolidato questa esperienza anche a livello collettivo. Nel senso che tutti all’interno del gruppo ormai si conoscono, sanno cosa chiedere e cosa offrire ad ogni compagno. L’Inter non è a fine ciclo, ma è completamente dentro al proprio ciclo, ormai iniziato da anni. E l’esperienza di due anni fa, praticamente della stessa Inter o quasi, può aiutare a leggere ancora meglio gli scenari che si presenteranno da qui in avanti. Che Simone Inzaghi sia ormai un allenatore di livello internazionale è sotto gli occhi di tutti. Un percorso cominciato alla Lazio, con una Champions di livello disputata anche con i biancocelesti. Ma soprattutto con una dote che si evince chiarissima dal suo curriculum. Inzaghi è non solo un ottimo allenatore nella lunga distanza, ma anche uno straordinario stratega nelle partite secche: la sua capacità di lettura della partita, la sua attitudine a studiare i particolari, è confermata dai fatti e dai precedenti. Insomma, una garanzia. Per un viaggio, certo, in compagnia di altre cinque o sei rivali di primissimo ordine. Ma essere iscritti a quel club è comunque un grandissimo riconoscimento
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