L'iPad, presentato da Steve Jobs nel 2010, ha segnato un punto di svolta nel modo in cui utilizziamo i computer. In questo articolo si analizza il suo impatto, le sue evoluzioni e le sfide ancora da superare.
Magrissimo, già molto malato, Steve Jobs parla per dieci minuti, poi passa all'annuncio che tutti aspettano: «Si chiama iPad», dice, e il pubblico esplode. È il 27 gennaio 2010, giornalisti da tutto il mondo sono a San Francisco per la presentazione del tablet di Cupertino, che sui quotidiani americani occupa lo stesso spazio del discorso di Obama alla nazione.
Jobs scherza e lo alza neanche fosse la tavoletta delle leggi di Mosé: come previsto da blogger e analisti, è una specie di iPhone gigante, con schermo da 9,7 pollici, che si comanda sfiorandolo con le dita, memoria da 16 a 64 Gb; a internet accede attraverso il wi-fi o la rete cellulare. Grandi speranzeÈ un vero computer, ma non si usa come un computer: «È a metà strada tra un cellulare e un portatile, però funziona meglio di entrambi, e anche dei netbook», spiega il Ceo di Apple. I netbook sono scomparsi dal mercato dell’informatica, e il mondo post-pc previsto da Jobs si è realizzato solo in parte, ma l’iPad, che oggi compie 15 anni, ha cambiato per sempre il modo in cui utilizziamo il computer. E ha segnato anche per Apple una volta importante, non solo perché ha aperto un altro mercato, ma perché ha posto le basi per tutta la produzione attuale, anche dei Mac: è stato il primo dispositivo della Mela dotato di un chip realizzato in casa da Apple, aprendo la strada all’attuale M4. Come altre volte, Jobs seppe intuire prima degli altri i possibili sviluppi dell’industria digitale: con l’iPod inventò non tanto un apparecchio - il lettore Mp3 esisteva già - quanto un ecosistema, iTunes Store, dove acquistare le canzoni con un click. Applicò lo stesso schema all'iPhone, con l'App Store, che oggi contribuisce in maniera rilevante al fatturato dell’azienda. Per l’iPad la strategia è riuscita meno, e anche se la famiglia si è ampliata di parecchio (il mini, l’Air, il Pro), e anche con un sistema operativo apposta (iPadOS), oggi il tablet Apple non ha mantenuto tutte le promesse e le aspettative del debutto. Non ha rivoluzionato l’editoria, né prendendo il posto del Kindle per i libri, né salvando i giornali dal loro lento declino, ad esempio. Non ha sfondato nelle scuole, non è ben visto negli uffici. L’evoluzioneIl tablet della Mela non ha conosciuto vere rivoluzioni ma una costante evoluzione, così che non sempre c’è una vera ragione per passare da un modello a quello successivo. La svolta più importante, a voler trovare una data, si può far risalire al settembre 2015 con l’introduzione dello stilo: Jobs si era spesso dichiarato contrario (“per usarlo bisognerebbe limarsi i polpastrelli”, disse), ma se fosse stato ancora vivo avrebbe certamente cambiato idea. E poi c’è la prima versione Pro da 12,9 pollici, che con Pencil e tastiera (pure con trackpard) è di fatto un computer touch funzionante con iOS. Però prima o poi sarà il caso di smetterla di chiedersi se l’iPad può prendere il posto di un computer. È chiaro che gli sforzi di Apple per fare dell’iPad un sostituto del computer continueranno, ma nessun apparecchio connesso a internet vive isolato. Il problema, come sempre, non è il presente o il futuro, ma il passato. Quanti siti, specie in Italia, non sono ancora ottimizzati per dispositivi mobili? Pochi ormai, ma se tra quelli ce n’è uno che utilizziamo per lavoro, ecco che il confronto è inevitabilmente a sfavore dell’iPad. E quanti software professionali, nonostante l’accordo Apple-IBM, ancora non sono diventati app da scaricare sullo Store? Così mentre alla fine gli ibridi pc-tablet sul modello del Surface di Microsoft possono contare su un’ampia offerta di software anche non recentissimo, con l’iPad questo non accade. Post-pc? La domanda ha senso solo dalla prospettiva del lavoro, e in particolare del lavoro in aziende o gruppi, perché la potenza e la versatilità di un iPad Pro sono più che sufficienti per le necessità di ogni giorno, anzi i modelli Pro sono perfino troppo potenti per un uso che non sia professionale. Però va anche detto che aumentare le possibilità di interazione con l’iPad significa anche renderle più confuse, e già col sistema operativo attuale non è proprio naturale staccare le dita dalla tastiera e usare il touch sullo schermo, perché manca una trackpad o un mouse (che si possono usare con gli ibridi Windows). Anche se Steve Jobs puntò da subito sull’uso professionale e sulla produttività, all’inizio l’iPad è stato più che altro uno strumento per la fruizione di contenuti: libri, film, siti internet, videogiochi. Modello dopo modello, a Cupertino hanno cercato di ricucire lo strappo col resto del mondo e normalizzare l’iPad fino a farlo diventare un’alternativa moderna al Mac. Ed è così che si dovrebbe vederlo: non un MacBook mancante di qualcosa, ma un diverso approccio all’idea di personal computer. Che conserva tuttora una carica di novità radicale e ideologica, e perfino un po’ magic
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