“All’inizio gli sguardi degli altri mi preoccupavano. Nascondevo la protesi. Ora la faccio notare. E la mia vita è più piena”. Parla la campionessa paralimpica dei cento metri piani - di Umberto Zapelloni
Ambra va veloce. Dal giorno del suo oro paralimpico a Tokyo non si è più fermata
Stava andando ad allenarsi in motorino dietro a suo papà quando un’auto ha invaso la corsia. “Non ho mai perso conoscenza in ambulanza fino a Careggi. In ospedale dicevo a tutti di sbrigarsi perché dovevo andare all’allenamento. Poi, quando ho capito, ho cominciato a pensare a Pistorius, a Martina che avevo visto in gara a Grosseto.e ho pensato: meglio se la amputano del tutto piuttosto che lasciarmi zoppa. Volevo tornare a correre. Sapevo che con una protesi sarebbe stato possibile.
A soli 20 anni Ambra ha comunque già chiaro in testa che cosa fare da grande: “Mi piacerebbe allenare o fare la dirigente e rimanere comunque nell’ambito dello sport . Me lo sono tatuato sul fianco tornando da Tokyo. Le imperfezioni sono quelle che ci rendono unici, perfetti”. È l’effetto che le fa guardarsi allo specchio. “All’inizio ho avuto un periodino in cui mi preoccupavo degli sguardi addosso. Poi ho capito che non devi farti fermare dall’ipotetico giudizio di uno sconosciuto. Adesso vado al mare senza protesi perché poi quando mi tuffo mi piace sentire il mare.
Oggi le protesi, sia quelle per praticare lo sport che quelle per muoversi tutti i giorni, sono molto sofisticate, ma anche molto costose.
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