Un'articolo di giornale che racconta la storia di successo di una scienziata italiana che dirige un centro di ricerca al Fermilab per lo sviluppo di computer quantistici. L'articolo esplora la sua passione per la scienza, le sfide che ha affrontato e il suo impatto sulla ricerca tecnologica.
Come è arrivata a ricoprire un ruolo così importante? «Fin da piccola avevo la passione per la matematica. Alla fine del liceo scientifico però ero indecisa. Mio padre è stato molto importante nella scelta: sono andata a Pisa a studiare Ingegneria Elettronica e nell'anno finale sono stata selezionata per il programma Summer Student al Fermilab . Gli studi ingegneristi mi hanno permesso di tenere insieme la passione per la scienza e la creatività.
Spesso si pensa che nelle materie scientifiche sia tutto razionalità e studio, invece c'è tantissima creatività. Ci si confronta con i problemi e si devono inventare degli esperimenti che verifichino delle tesi scientifiche». Pensa che in America sia stato più facile? «Sono andata via molto presto, ho fatto la tesi e tutto il mio dottorato negli Stati Uniti e non sono più rientrata, non ho termini di paragone. Sicuramente qui mi hanno dato subito grandi responsabilità: a 26 anni guidavo un mio gruppo. Però vorrei sfatare un mito, non è che tutto ti viene concesso: bisogna crederci, essere tenaci, inseguire i propri sogni. Avevo un progetto in mente, delle persone precise con cui volevo lavorare». Ha fatto molti sacrifici? «Lo studio prima di tutto, mi sono sempre impegnata molto, poi essere lontana dalla famiglia. Tutti i miei cari sono in Italia. Per me è stato molto bello crescere qui i miei tre figli insieme a mio marito, però questo ha richiesto tanta fatica perché abbiamo fatto tutto da soli». Come ha conciliato la carriera con il resto? «Il Fermilab ha un asilo nido interno e questo mi ha aiutato perché nel mondo della ricerca è difficile stare fermi un anno o due per le maternità. Solo con il primo ho fatto una pausa di sei mesi. Mio marito, poi, mi è stato sempre di grande aiuto: le nostre carriere hanno sempre avuto lo stesso peso». Anche lui è uno scienziato? «E' uno scienziato e lavora anche lui al Fermilab, siamo un po’ come i coniugi Curie, e ci siamo sempre aiutati a vicenda. E questo per la vita e la carriera di una donna è fondamentale». Parliamo del computer quantistico che state costruendo… «Esistono già dei prototipi ma per costruirne uno che sviluppi tutte le capacità potenziali ci vorranno ancora anni, come ci sono voluti decenni nello sviluppo dei computer e dei telefonini, Al momento, cerco di spiegarlo in maniera semplice, questi computer creano ancora troppi errori: si chiama il problema della coerenza degli stati quantistici e va risolto con la ricerca tecnologica. Noi abbiamo un centro, quello che io dirigo, che è un centro nazionale per l'avanzamento delle tecnologie quantistiche che sono tecnologie molto complesse e richiedono gruppi di ricerca con professionalità molto diverse tra loro. Questa è delle cose che amo di più del mio lavoro: fare da ponte tra mondi diversi. Nel team ci sono ingegneri, esperti nella scienza del materiali, esperti della criogenia, esperti della superconduttività: persone e campi che spesso non si erano parlati tra di loro. Quello che il nostro centro si prefigge è di fare da trait d'union tra università, laboratori nazionali e industria. Quello che il nostro centro fa è cercare di sviluppare un hardware più robusto, che non abbia errori da correggere». Dirige un gruppo di 400 persone? «Il Fermilab è l’headquarter del progetto, poi ci sono 34 partner, tra centri di ricerca, università, aziende. In realtà adesso siamo sopra i 500 partecipanti, ne fanno parte anche alcuni centri italiani, per esempio l’INFN (Istituto italiano fisica nucleare) e l'università di Pisa». Lo scopo finale? «Il computer quantistico è più potente anche del super computer, ha un vantaggio esponenziale. Possiamo paragonarlo all'aereo: l'aereo ti può portare dove la macchina non può. Ci sono una miriade di campi in cui può esser applicato si parte dalla national security, ma anche il mondo del microscopico che funziona con le leggi della fisica quantistica. Poi ci sono applicazioni importantissime dai trasporti, alla medicina, alla finanza». Vi siete dati dei tempi? «Ci troviamo in un momento fondamentale perché il nostro centro era stato finanziato per cinque anni con 115 milioni di dollari, e questo è il quinto anno. Ci aspettiamo che tra poco ci sia il rinnovo per i prossimi cinque anni e stiamo lavorando per preparare i prossimi passi. Siamo nel momento in cui stiamo tirando le somme di quello che abbiamo imparato e progettando quelle che saranno le prossime sfide. Io penso che il nostro centro andrà avanti comunque per almeno altri dieci anni perché comunque ci sono tantissime cose ancora da fare dopodiché quello che penso che accadrà è che saremo pronti davvero alla costruzione di una grande macchina. La si può immaginare un po’ come l'LHC del Cer
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