Dopo un importante restauro, la storica dimora di corso Garibaldi, proprietà della famiglia Pini, riapre al pubblico ospitando una collezione permanente di opere dell'artista Renzo Bongiovanni Radice e nuovi progetti per giovani artisti. La Fondazione Pini, nata per perpetuare la memoria dell'artista e sostenere il talento emergente, rappresenta un esempio virtuoso di mecenatismo e di impegno culturale nella città di Milano.
Dopo un importante restauro, la storica dimora di corso Garibaldi accoglie il pubblico con una collezione permanente e nuovi progetti per giovani artisti. Teniamoli da conto i salotti buoni della città, ché hanno ancora tanto da offrire.
Ce n’è uno, che ha appena riaperto al pubblico e che appartiene a una di quelle famiglie dal cognome noto in città: i Pini hanno dato a Milano medici visionari come Gaetano e Paolo e poi Piero, l’ingegnere della diga di Assuan, e il di lui figlio, Adolfo (1920-1986). E’ suo il salotto di cui parliamo, un luogo che ha vissuto anni di gloriosi fasti e poi periodi bui, fino alla recente rinascita. In una parabola che vorremmo ritrovare più spesso nelle cronache culturali, non sempre edificanti, per sua volontà diventata alla sua morte sede dell’omonima Fondazione, riapre le ottocentesche sale che ne hanno viste tante e dove oggi noi possiamo vedere tanto. Fondazione Pini può essere visitata al piano nobile per ammirare la collezione permanente che vi è custodita. In primavera saranno aperti anche gli spazi espositivi del piano terra, pensati per ospitare mostre di artisti contemporanei, e ripartirà anche il Pini Art Prize, 10 mila euro sul piatto per sostenere i progetti di talenti under 35 (non è cosa da poco: quando si parla di vero mecenatismo la conta degli assenti, a esclusione di certe fondazioni private, è lunga). La parabola, si diceva, inizia con Adolfo Pini, fisiologo e docente dalla mente analitica e carattere estroverso, viaggiatore curioso e ottimo padrone di casa, bravissimo a ideare feste cui nessuno vuol mancare. L’elenco dei suoi ospiti era l’appello dell’alta società meneghina, dagli anni Cinquanta in poi. Delle sue tante case (Stresa, Parigi, Miami), Pini ama moltissimo questa di corso Garibaldi perché è vicina all’atelier dell’adorato zio Renzo Bongiovanni Radice, parente per parte di madre. Schivo, devoto alla pittura, dotato al punto di essere chiamato più volte alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma ma troppo riccio per tessere le pubbliche relazioni necessarie a diventare una vera firma e oggettivamente privo della fame che fa esplodere il talento, Boncompagni Radice era solito lavorare nel suo atelier al civico 4, dove riceveva pochi fidati amici (Orio Vergani, Dino Buzzati) e il caro nipote Adolfo. Succede che alla morte dell’artista, nel febbraio del ’70, il patrimonio di opere vada in eredità al Pini che è sì uomo di scienza, ma anche di spiccata sensibilità artistica. L’idea della Fondazione nasce da questo primo lascito, cui si aggiunge un congruo fondo e vari beni: lo scopo è valorizzare e far conoscere i lavori dello zio e sostenere giovani artisti. Dagli anni Novanta il salotto dello scapolo d’oro (Pini mai si sposò) ospitava le opere di Renzo Bongiovanni Radice e non difettava di attività filantropica. Ci sono stati però degli inciampi, alcuni gravi (l’ex presidente della Fondazione Samuele Camilleri è stato accusato di concussione) e Marco Garegnani viene nominato commissario dal prefetto: in due anni, dal 2022 al 2024, i conti tornano in ordine e si promuove il restauro (800 mila euro di lavori) che rende l’ex salotto di Adolfo Pini un “museo domestico” di gran fascino e bellezza, finalmente pronto per essere visitato dal pubblico. Fondazione Pini ha trovato nel suo Dna la capacità di reagire (leggi: spalle economicamente larghe) e da un annetto c’è un nuovo cda, che resterà in carica ancora un biennio, retto da Marina Messina, a lungo alla direzione di Musei civici di Milano e ora entusiasta padrona di casa. Al suo fianco la brava Silvia Bolamperti, che ha disegnato il percorso espositivo valorizzando, con una quarantina di dipinti in dialogo con gli arredi, l’amore di Boncompagni Radice per il paesaggio e quel suo gusto per una pittura di sentimento rimasta fedele a sé stessa, incurante delle mode e delle avanguardie. Cecilia Guida, Davide Dall’Ombra e Franco Buffoni compongono la triade del comitato scientifico che gestisce i progetti sul contemporaneo e le iniziative rivolte ai giovani artisti. Che Fondazione Pini sia riuscita a rispolverare a dovere il salotto buono è un’ottima notizia: all’arte di oggi non servono apposite week, ma case, spazi, idee
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