La Groenlandia, oltre a essere una terra di ghiacci e luci del sole limitate, è anche un luogo segnato da un drammatico alto tasso di suicidi. Questo articolo esplora le ragioni dietro a questo fenomeno, analizzando le cause sociali, l'isolamento geografico e culturale, e l'impatto del rapido cambiamento sociale sull'identità dell'isola.
È la Groenlandia, ma più che il freddo e il buio invernali, un ruolo importante nell'elevato tasso di suicidi gioca l'isolamento e la perdita di identità culturale dell'enorme isola che fa parte del territorio della Danimarca. Fenomeno che, sebbene in diminuzione rispetto agli anni peggiori, è ancora presente con un tasso molto alto. Tra il 2015 e il 2018, in Groenlandia si sono registrati in media 81,3 suicidi all'anno; negli ultimi dati disponibili, riferiti al 2021, è sceso a 59,9.
È comunque un tasso molto alto, oltre sei volte superiore alla media. La Groenlandia ha 57mila abitanti, ma in un paese come l'Italia un tasso simile vorrebbe dire 35mila persone all'anno (circa 4mila). Il decennio peggiore in Groenlandia sono stati gli anni Ottanta, quando i suicidi hanno toccato livelli annuali attorno a 120 ogni 100mila abitanti. Il fatto che il tasso sia così alto fa sì che quasi tutti conoscano almeno una persona che si è suicidata. Una delle ricercatrici intervistate ha detto che gestire la notizia del suicidio di un amico o di un parente è uno dei passaggi che scandiscono la crescita, come la prima sigaretta o la fine degli studi scolastici: «Fa parte della biografia di ciascuno». Non è un fenomeno normalizzato, ma è un'esperienza che accomuna il vissuto dei groenlandesi, prevalentemente durante la gioventù. Una delle cose che vengono ricordate quasi sempre, quando si parla dei suicidi in Groenlandia, è il clima inospitale e molto rigido. D'inverno può scendere a -18 °C nella parte settentrionale dell'isola, e d'estate non supera una media di 5,6 °C (anche se nella zona meridionale arriva a 20 °C tra giugno e agosto). Vengono citate anche le poche ore di luce: in questo periodo dell'anno albeggia intorno alle 11 e tramonta alle 16:30 (orari della capitale, Nuuk). Nessuno studio, però, ha riscontrato un aumento dei suicidi nei lunghi mesi invernali. È il contrario: solitamente sono altri, e più vari, i fattori che contribuiscono alla condizione giovanile in cui possono maturare pensieri suicidi. Uno dei principali è l'isolamento, non solo geografico, che può accrescere il senso d'alienazione e vanificare le possibilità di supporto sociale. La Groenlandia ha solo 17 città, più 55 centri minori con meno di 500 abitanti. Le infrastrutture stradali sono carenti, spesso si interrompono fuori dagli abitati. Nelle località più remote si arriva solo in elicottero o con piccoli aerei, e ci vogliono ore di volo. Questi collegamenti già piuttosto precari vengono interrotti spesso dalla neve o dalle condizioni meteo. In queste zone anche la connessione internet non funziona bene, e non ci sono strutture specializzate o assistenza psicologica. «In Groenlandia avremmo bisogno di corsi di pronto soccorso psicologico: ognuno dovrebbe poter riconoscere quando un amico è in difficoltà», ha riscontrato un aumento nella seconda metà del Novecento: «Dal 1970 al 1989 il tasso di suicidi salì da 28,7 a 120,5 ogni 100mila abitanti rispecchiando una rapida transizione sociale nel periodo postcoloniale». La Groenlandia ottenne dalla Danimarca proprie istituzioni di governo nel 1953 (e ampi margini di autonomia solo nel 2009): gli anni Settanta e Ottanta furono quelli della modernizzazione dell'isola, e della sua trasformazione da una comunità di pescatori e cacciatori a qualcosa di diverso nell'arco di pochi decenni. Fu un periodo traumatico. Migliaia di persone inuit lasciarono i villaggi per cercare opportunità di lavoro nella capitale, senza migliorare le loro condizioni economiche e faticando ad adattarsi, anche per ragioni linguistiche. Il nuovo contesto urbano era ostile alla loro cultura, del resto osteggiata per decenni dall'ex potenza coloniale. Si diffusero problemi di alcolismo, che sono anche oggi una realtà diffusa. Ci sono stati suicidi sia tra chi è rimasto nelle cittadine svuotate, sia tra chi se ne va. Sono un argomento che è stato a lungo un tabù, di cui sia il governo sia le comunità locali hanno parlato con riluttanza. Ne parlavano soprattutto i media internazionali, anche se spesso con poca delicatezza. In Groenlandia è comune che i ragazzi vadano a fare le scuole superiori nei centri più grandi (oltre a Nuuk, Upernavik, Uummannaq, Tasiilaq, Aasiaat), allontanandosi dalla rete protettiva della famiglia. Chi può permetterselo poi va a fare l'università a Copenaghen o in altre città danesi, dove non è facile integrarsi appartenendo a una minoranza. Chi torna in Groenlandia dopo alcuni anni all'estero ha problemi a riabituarsi alla vita di prima: non si sente né danese né groenlandese, ma una via di mezzo
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