L'articolo analizza la crescente influenza di Elon Musk sulla scena politica globale, evidenziando come il suo potere economico gli permetta di influenzare l'establishment politico in diversi paesi. La sua visione imperialista è in contrasto con la politica liberale di Trudeau, che si è dimostrato incapace di resistere al clima politico dominato da Trump.
L’uscita di scena del premier canadese Justin Trudeau e il cambio di cavallo a Londra di Elon Musk , che ha scaricato Nigel Farage per l’estremista Tommy Robinson, all’apparenza non c’entrano nulla. In realtà, sono due tra le tante sfaccettature dello stesso prisma. E il prisma è la più grande rivoluzione politica del secolo, la più importante dal crollo dei totalitarismi del Novecento, il nazifascismo e il comunismo.
Il prisma è la nuova destra globale, che ha una visione imperialista ma ha per leader non una nazione, bensì un uomo, per quanto favolosamente ricco: Elon Musk. Trudeau non è un uomo di sinistra. Almeno non nel senso novecentesco della parola, il senso che ancora adesso si usa in Italia. Trudeau non è ovviamente comunista, ma neppure socialista. È un liberale. Crede nella proprietà privata dei mezzi di produzione, nel libero mercato, nella flessibilità del lavoro, in tutte quelle cose senza cui i sistemi economici moderni non funzionano. Poi certo crede nella protezione sociale (con qualche venatura populista), nei diritti delle donne, nella difesa delle minoranze e delle varie forme di diversità, che arricchiscono un Paese sul piano culturale, artistico e anche economico. Ma Trudeau non ha resistito al ciclone Trump. Ha annunciato che non si candiderà alle prossime elezioni, nel timore di perderle. La sua stagione è finita. Trump non vuole solo prendersi il Canada, la Groenlandia, Panama. Trump vuole mettersi a capo di un movimento mondiale. Ma il posto è già occupato. Perché il presidente tra meno di due anni dovrà difendere la sua esile maggioranza al Congresso, e non sarà facile visto che nel frattempo non si sarà preso il Canada, né la Groenlandia, né Panama, sempre che siano queste le priorità degli americani. Musk ha molti anni di meno, moltissimi miliardi di dollari in più, e non ha bisogno di invadere altri Paesi: si limita a individuare il suo uomo, o la sua donna, in ognuno di loro.In Italia ha la premier. In Austria il probabile futuro premier. In Germania ha offerto X alla leader di Alternative fuer Deutschland, che a febbraio potrebbe essere il secondo partito tedesco, dietro i vincitori della Cdu che non escludono più a priori forme di collaborazione. Nel Regno Unito, Musk aveva Farage. Che però non andava più bene. Neppure Farage è un uomo di destra, nel senso che noi attribuiamo alla parola. Pure lui è un liberale, per quanto diverso da Trudeau. Gli idoli di Farage sono Churchill che sconfigge Hitler e la Thatcher che abbatte la giunta dei generali argentini. Farage è un nazionalista britannico, che certo aborre l’Unione europea e l’immigrazione, ma è ancora convinto che gli uomini nascano liberi e uguali, e non vuole avere nulla a che fare con Robinson, che vagheggia di deportare i britannici di religione musulmana. Proprio come in Francia Eric Zemmour, non a caso invitato da Trump al suo insediamento. L’islamofobia è uno dei tratti che accomunano Musk e Trump, che aveva aperto il suo primo mandato con il «Muslim Ban», per chiudere le frontiere a rifugiati siriani, iracheni, somali, sudanesi, iraniani, libici e yemeniti, e che ora inaugura il secondo mandato minacciando di scatenare l’inferno in Medio Oriente e in particolare a Gaza, che un paradiso non è mai stato, tanto meno nell’ultimo anno. Se potessero parlare, Giulio Andreotti e Bettino Craxi ci ricorderebbero che per noi italiani uno scontro frontale con l’Islam non è una grande idea, avendo l’Islam a due ore di gommone dalle nostre coste, e nel frattempo pure qualche milione di immigrati musulmani in casa.Ma il problema non è tutto lì. Cresciuto nel simpatico ambiente del Sud Africa dell’apartheid, Musk è fermamente convinto della disuguaglianza tra gli esseri umani. Il suo mondo ideale è quello in cui più sei ricco, meno tasse paghi. Se la specie umana rischia l’estinzione, il problema non lo riguarda; Marte è a due passi, almeno per lui e per i suoi cari; e costruire l’immortalità è un obiettivo ben più affascinante che non riparare l’obsoleto servizio sanitario nazionale, che in America peraltro non esiste (ma in Canada ancora sì). Andrea Stroppa, l’uomo di Musk in Italia, ha creato un meme che ritrae il suo capo come un patrizio romano, accanto all’imperatore Trump e alla domina Meloni. Ma Trump sarà imperatore per quattro anni. L’impero di Musk è appena cominciato, e durerà molto di più. Se appena pochi anni fa ci avessero detto che Farage sarebbe stato troppo moderato e Trudeau troppo di sinistra, che i Bush, i Cheney e i McCain avrebbero votato democratico (e avrebbero perso), e che un miliardario avrebbe invitato i tedeschi a votare un partito anti-antinazista dal 20 per cento, avremmo pensato a uno scherzo. Invece non c’è nulla da ridere. E se i liberali, o quel che ne resta, non sapranno unirsi, allora l’Internazionale reazionaria, come la chiama Macron, potrà fare quel che vorrà
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