Sul nome del ministro del Tesoro la premier in pectore non può permettersi errori. Serve un tecnico competente ma non estraneo al centrodestra. E sulla ridda di indiscrezioni c'è un dettaglio numerico di cui tenere conto per non mettere a rischio la maggioranza
La "caccia al Tesoro" è solo all'inizio: è quella sul dicastero delle Finanze la scelta più difficile che Giorgia Meloni si troverà a fare nelle prossime settimane. I nodi da sciogliere non mancano. Sono cinque i ministeri chiave, mentre per gli altri non ci saranno ostacoli di sorta: Economia, Interni, Esteri, Difesa, Giustizia. Meloni non vuole affidarli soltanto a figure tecniche, ma non ha schemi rigidi, pensa a un mix di politici e tecnici.
La premier in pectore vuole convincere ad accettare l'incarico di ministro del'Economia Fabio Panetta, oggi nel board della Bce, ex direttore generale di Bankitalia. Sarebbe però in corsa anche Domenico Siniscalco, che ha già ricoperto la carica nel secondo e terzo governo Berlusconi e che è stato anche direttore generale del Tesoro: oggi è a capo della filiale italiana di Morgan Stanley.
In questo frangente storico, tra prezzi dell'energia alle stelle e incertezze sul futuro, sul nome del ministro del Tesoro Meloni non può sbagliare. Per uscire senza disastri dall'inverno "del ricatto putiniano" serviranno all'Italia fra i quindici e i venti miliardi, secondo alcune stime grossolane.
Serve anche compatibilità politica con le caratteristiche della maggioranza di destra uscita dalle urne: in sintesi, serve un uomo con una formazione e una posizione affine, perché il ministro dell'Economia lavorerà in un governo fortemente caratterizzato, il governo più di destra della storia repubblicana. Ed è qui che si torna a Domenico Siniscalco, che ha già avuto un'esperienza da ministro dell'Economia, con due governi Berlusconi.
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