Si sa che la morte è un tema tabuizzato nello spazio pubblico. Se ne parla frettolosamente con un certo imbarazzo.
Si sa che la morte è un tema tabuizzato nello spazio pubblico. Se ne parla frettolosamente con un certo imbarazzo. Anche in questa pandemia, dove pure la morte incombe come mai, si usano cifre, schemi, tabelle. È già stato detto più volte, sottolineando i limiti di un’informazione non sempre all’altezza del compito, che i “deceduti del giorno” sono ridotti a un numero.
Ed ecco un effetto inquietante di questa rimozione che si innesta e si potenzia nel negazionismo del Covid: i No Vax che vanno a morire nelle corsie degli ospedali e nelle terapie intensive. I primi episodi potevano ancora passare per eccezioni. Ma ormai i casi si moltiplicano e il fenomeno, che appare in tutta dirompenza, lascia sgomenti.
L’angoscia che queste morti suscitano dovrebbe suggerire di usare toni diversi dal solito sarcasmo, dalla derisione o dalla condanna. Fino a ieri potevamo denunciare i danni che i non vaccinati producono nella comunità. Oggi dobbiamo, con profonda tristezza, riflettere sui danni che infliggono a se stessi. E in questa riflessione è inevitabile la domanda sulla responsabilità. Chi dovrebbe rispondere di queste morti? Chi ne porta il peso? La lista è lunga.
È più semplice rimuovere e ben più difficile richiamare al dramma che stiamo vivendo. Una politica responsabile, un’informazione seria aiutano a comprendere per tempo i rischi e ad affrontarli in modo consapevole. Ben prima dell’ultima tappa nella terapia intensiva.