La Scuola Come Contesto di Appartenenza e Responsabilità

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L'articolo analizza il ruolo della scuola come contesto di formazione del senso di appartenenza e responsabilità, evidenziando come un ambiente scolastico positivo possa ridurre i comportamenti inappropriati.

La periodicità con cui si realizzano occupazioni e autogestioni nei mesi autunnali viene spesso considerata prima uno stanco rituale e poi un fenomeno da fronteggiare con opportune misure punitive giustificate dai danni che si verificano in alcuni istituti di scuola secondaria di secondo grado.

Essendo passati un po’ di giorni, anche per la salvifica funzione delle vacanze natalizie che con il loro approssimarsi inducono alla chiusura di quegli episodi, si può provare a ragionare in modo più distaccato su ciò che occupazioni e autogestioni significano.Nell’analisi dei fenomeni educativi risulta utile la distinzione che è stata fatta tra: fattori ascritti che sono le caratteristiche con cui gli studenti si presentano a scuola, come l’etnia, il genere, il contesto socio-economico e culturale;fattori di contesto relativi alle caratteristiche della scuola e del suo funzionamento;fattori individuali che si riferiscono ai singoli studenti con le loro attitudini, gli interessi e la motivazione ad imparare.In ciò che segue focalizzerò proprio il secondo tipo di fattori relativi alla scuola come contesto in cui avvengono una molteplicità di interazioni che esercitano un ruolo sulla crescita e sullo sviluppo di abilità e attitudini degli studenti. Una influenza meno presa in esame nel riferirsi a quegli episodi infatti, è quella che la scuola come contesto esercita rispetto al sentirsi appartenenti alla comunità scolastica e al senso di responsabilità rispetto a persone e cose che vi vivono. Questo tema è particolarmente rilevante perché spesso si individua nella cultura famigliare la prima causa di comportamenti inappropriati o trasgressivi, mentre si trascura il fatto che gli studenti, sin da piccoli, trascorrono molte ore in un ambiente diverso dalla famiglia e che influisce sull’acquisizione dei comportamenti individuali e interattivi con gli altri. La scuola, in altri termini, è (o dovrebbe essere) un «contesto forte», in senso positivo e non autoritario, in cui vi sono regole e modalità di funzionamento che risultano non direttamente permeabili da fattori esterni; ciò vuol dire anche che il rimando alla cultura famigliare per i comportamenti inappropriati degli studenti, è una implicita resa della funzione educativa della scuola rispetto a questi ambiti. L’educazione al senso di appartenenza e alla responsabilità può avvenire in modi diversi e si possono rintracciare modalità di intervento sin dalla scuola dell’infanzia (ad esempio il «concilio dei bambini» nelle scuole dell’infanzia della Provincia Autonoma di Trento, cfr. Monaco, Deanesi Puecheri, 2017) o nella scuola primaria in cui è diffusa l’attribuzione di compiti settimanali a bambini/e come, ad esempio, il responsabile dei libri in prestito, delle assenze da segnare su un tabellone o addirittura controllare ogni giorno il tabellone su cui in ogni mese sono segnati i compleanni, segno quest’ultimo di cura gentile nei confronti degli altri, ma anche occasione per attività sulla frequenza delle nascite in alcuni mesi: tutte attività che rendono più evidente il funzionamento della classe come una comunità. Nella scuola secondaria di primo e secondo grado queste modalità, ovviamente più adeguate all’età degli studenti, scompaiono o sono molto più rare; soprattutto, sebbene abbiano caratterizzato innovazioni realizzate nell’ambito di sperimentazioni pluriennali in alcuni istituti tecnici o nei licei sino agli anni ’90 dello scorso secolo, si ritrovano ora più raramente. Vorrei richiamarne due molto interessanti, l’uno relativo all’Istituto tecnico di Bollate (Mi), l’altro al Liceo delle scienze sociali Ariosto di Ferrara.Nell’istituto tecnico di Bollate è stato avviato un progetto «Studio Amico» in cui ex studenti maggiorenni aiutavano i compagni più giovani che avevano difficoltà nello studio di alcune discipline. L’aspetto più rilevante, nella prospettiva della responsabilità, è che quegli ex studenti avevano le chiavi della scuola e gestivano tempi e modi delle loro azioni che erano state concordate con docenti e dirigente scolastico. Non ci sono stati casi né di comportamenti inappropriati, né di trasgressioni, né da parte degli studenti più grandi, né da parte dei loro compagni più giovani. Nel caso del Liceo Ariosto è interessante riferire le considerazioni di due studentesse (Giulia Bresciani e Caterina Villani della classe 2R Ferrara, 23 Dicembre 2006) citate nell’articolo di Lucia Marchetti (in Abitare l'autonomia, Periodico di ricerca e sperimentazione didattica, Liceo Classico L. Ariosto di Ferrara, Marzo 2007, n°2), dopo aver svolto un’attività sul bullismo. «... Ci siamo chiesti – scrivono le studentesse - come mai nel nostro liceo non ci siano segni evidenti di violenze fra gli studenti. Dopo aver analizzato tutte le possibili risposte, abbiamo capito che se l’andare a scuola è piacevole e nell’ambiente scolastico si trovano stimoli positivi, le persone sono meno propense a soprusi e violenze

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