I tempi sono quelli dell'Europa, più lunghi di quelli che la Storia nel terzo millennio pretenderebbe.
Ma la promessa fatta dai leader dei tre principali Paesi europei - Germania, Francia e Italia - a Kiev, cioè di un ingresso dell'Ucraina nella Ue con lo status in tempi brevi di nazione candidata, è dato da non trascurare. Intanto perché non era scontata una posizione comune del trio al cospetto di Zelensky dopo le resistenze di Scholz sull'argomento e l'atteggiamento altalenante di Macron.
E poi perché quella è sempre stata l'unica strada per individuare un filo da cui partire per sciogliere i nodi dell'ingarbugliata matassa ucraina. Questo Giornale lo ha sempre sostenuto, addirittura dal 2 marzo scorso, una settimana dopo l'inizio del conflitto.
L'ingresso di Kiev, infatti, darebbe un ruolo primario all'Europa nella crisi. L'Unione - non la Nato - diventerebbe l'ombrello internazionale che garantirebbe l'Ucraina. E lo status di candidato non sarebbe un fatto secondario già oggi.
In questo modo, finalmente, l'Europa sarebbe protagonista sul piano internazionale. E magari farebbe pure un passo avanti nel processo d'integrazione. Dicono che l'Ungheria potrebbe porre un veto contro l'ingresso dell'Ucraina. Ebbene, a quel punto si potrebbe affrontare il tema del superamento del diritto di «veto» che blocca la Ue.
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