La Supercoppa di Neve: Juventus-Liverpool 1985

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La Supercoppa di Neve: Juventus-Liverpool 1985
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Un racconto emozionante della finale di Supercoppa europea tra Juventus e Liverpool del 16 gennaio 1985, giocata in mezzo alla Grande Nevicata del 1985.

Nel bianco della neve, il rosso del pallone. Meglio: arancione che vira al rosso. Ma un pallone rosso, va da sé, è più cinematografico. 16 gennaio 1985, un mercoledì sera di quarant’anni fa. Supercoppa europea, la finale. Juventus vs Liverpool . Sono giorni da lupi nella steppa, ricordati negli annali come quelli della Grande Nevicata del 1985. Da quarantotto ore nel Centro e Nord Italia le temperature sono precipitate.

Minima da record a Firenze: -23; a Molinella - provincia di Bologna - sembra di stare in Groenlandia: -29. Nevica ovunque, bianche città e campagne, borghi, paesi. A Como cade un metro abbondante di neve. Disagi, caos, polemiche. Chiuse fabbriche e scuole, gli operai maledicono il meteo, gli adolescenti - da Roma a Milano - si riversano euforici giù in strada: slittini, copertoni delle gomme, persino sci. Nella campagna padovana i fiumi sono ghiacciati: temerari ragazzi surfano in bicicletta sul ghiaccio. E’ uno spasso. Titolo più usato nei quotidiani: “Morsa”. La morsa della neve, la morsa del ghiaccio, la morsa del gelo. L’Italia intera è bloccata. Però si gioca, nonostante (toh, pure allora) il calendario intasato e la poca voglia dei due club. Supercoppa sia, dunque. Cose da sapere: la Supercoppa d’Europa è stata istituita nel 1972 e mette di fronte la vincitrice della Coppa dei Campioni e quella della Coppa delle Coppe. L’idea è stata di un giornalista olandese, che l’ha proposta all’UEFA: e perché no? Quella tra Juventus e Liverpool sarà l’11ª finale. la prima edizione l’ha vinta l’Ajax, l’ultima l’Aberdeen. In due occasioni (1974 e 1981) il trofeo non è stato disputato. Gli inglesi del Liverpool, con un charter della Britannia Airways, atterrano a Caselle martedì dopo pranzo, un attimo prima che l’aeroporto chiuda. L’allenatore Joe Fagan fa lo smargiasso: “La Juve ha Platini, ma noi abbiamo il collettivo più forte d’Europa”. Ok, Joe: la Juve ha Platini, Le Roi. Ma anche una linea d’attacco che recita: Briaschi, Tardelli, Rossi, Platini, Boniek. Però il Liverpool - di Grobbelaar e Neal, di Rush e Wark - sei mesi prima ha vinto la Coppa dei Campioni contro la Roma, all’Olimpico. E sì, la Juve invece ha vinto - sei mesi prima - la Coppa delle Coppe, a Basilea, contro il Porto. Spoiler: finisce 2-0 per la Juventus, doppietta di Zibì Boniek, che quella notte consolida la nomea di “Bello di notte”, soprannome che gli è stato affibbiato qualche tempo prima dall’Avvocato Gianni Agnelli, quando ha presentato la squadra al segretario di stato americano, il suo grande amico Henry Kissinger. “Lui è Boniek, bello di notte perché le migliori partite le fa in coppa”. Ma il protagonista non è Boniek, è un pallone di colore arancione, tendente al rosso. Viene scelto perché in televisione si vede meglio, risalta, spicca. Un pallone unico, scelto per l’occasione, che è speciale. Quel pallone rimarrà a lungo nella memoria degli appassionati. Il motivo è semplice. In Italia il pallone colorato non è mai stato usato. I club italiani in quel periodo giocano con un pallone bianco. Un Mitre, un Telstar. Esagoni bianchi e pentagoni neri, nei secoli dei secoli. Arancione, o comunque rosso, è il colore della vittoria. Al Comunale, fino a poche ore prima della sfida, ci sono 30 centimetri di neve. La Juventus ha chiesto a un’impresa di provvedere. E di fare in fretta, che non c’è tempo da perdere. 120 spalatori si mettono all’opera fin dalla notte del martedì, in collaborazione con un centinaio di volontari. Alla fine viene calcolato che sono stati spalati allo stadio circa duemila metri cubi di neve, l’equivalente di un palazzo di sei piani.L’ipotesi di anticipare la partita - con il fischio d’inizio previsto per le 20.30 - alle 14.30 viene timidamente presa in considerazione, ma subito abbandonata. Ci sono i diritti televisivi, che sono già stati venduti in 11 paesi, dall’Inghilterra al Portogallo, fino alla Jugoslavia. Il palinsesto è fatto, si deve giocare. A tutti i costi, costi quel che costi: la Juve incasserà circa due miliardi di lire, non scherziamo: chi lo dice al presidente Boniperti che bisogna rinunciare a quel tesoretto? Il terreno di gioco - quella sera - per voce dei telecronisti è “miracolosamente agibile”. Con quel freddo e con quel gelo non c’è il tutto esaurito, ma in ogni caso al Comunale ci sono 55.000 spettatori paganti: rimangono invenduti 5.000 biglietti, Boniperti se ne rammarica molto. Tra l’altro: alcuni spalatori volontari si nascondono dietro i cartelloni pubblicitari, con l’intenzione di rimanere dentro l’impianto e vedere la partita gratis. Ma le forze dell’ordine intervengono e - tra i fischi del pubblico - li trascinano a forza fuori. I gol, dunque. Boniek segna l’1-0 nel primo tempo, alla Boniek, con un rasoterra mancino dopo una fuga solitaria, scagliato in corsa, a fin di pal

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