La testimonianza di Massimo Giannini, il direttore de «La Stampa» in terapia intensiva

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La testimonianza di Giannini ricoverato in terapia intensiva: «Il virus è infido»

«Scusate se riparlo di me. Oggi “festeggio” quattordici giorni consecutivi a letto, insieme all’ospite ingrato che mi abita dentro». Comincia così l’editoriale del direttore Massimo Giannini sulladi oggi. Una partenza in punta di piedi, per parlare del virus non da commentatore, non da esperto, ma da malato. Un paziente di 58 anni che ha contagiato anche sua madre, novantenne, malata oncologica, per la quale non c’è servizio domiciliare che possa supportarla.

Il suo racconto è pulito, come un cronista sa fare. Scrive che è «collegato ai tubicini dell’ossigeno, ai sensori dei parametri vitali, al saturimetro, con un accesso arterioso al braccio sinistro e un accesso venoso a quello destro». La descrizione gli serve a dire un’altra cosa: «Il Covid è infido, è silente, ma fa il suo lavoro: non si ferma mai e ha un solo scopo: riprodursi, riprodursi, riprodursi. Meglio se in organismi giovani, freschi, dinamici».

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