La risposta è ancora lontana. I risultati delle amministrative suggeriscono che il centrodestra, se ci crede, può vincere le elezioni politiche del 2023
. Non è facile. La legge elettorale sarà una variabile importante in questo gioco. Quella attuale sembra disegnata per il pareggio. Quella che potrebbe arrivare non è al momento neppure un cantiere. Berlusconi, Meloni e Salvini devono comunque provarci. C'è chi intanto si sta interrogando su chi potrebbe essere, in caso di maggioranza netta, il prossimo inquilino di Palazzo Chigi. Chi sarà insomma il leader della coalizione. Questa domanda è appunto prematura.
Una coalizione non è soltanto un comitato elettorale. È un patto tra partiti che ritengono di avere valori comuni, che si riconoscono in una certa visione del mondo, con una certa varietà di differenze ma compatibili quando è il momento di governare insieme. Le regole sono utili nella sconfitta, ma ancora di più quando si vince. Le ambiguità corrodono anche i successi più chiari.
Cosa fare, allora? La strada in apparenza più semplice è indicare come premier il capo del partito che prende più voti. Ci sta. È una scelta legittima, che ha però alcuni effetti collaterali. C'è un costo da pagare. Si aprirebbe infatti una competizione nella competizione. È una sorta di doppia elezione. Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia si ritroverebbero a fare campagna elettorale non solo contro il Pd o i Cinque Stelle ma tra di loro.
L'altra strada è lasciare la scelta ai futuri parlamentari del centrodestra. Toccherà a loro indicare il premier che rappresenta tutta la coalizione. È un lavoro più difficile, perché non basta vincere per prendersi tutto, ma bisogna anche convincere. Serve un passo in più. Il leader incarnerebbe lo spirito della coalizione. Non è solo l'espressione del partito che prende più voti, ma il capo carismatico di un'area politica.