Il peggior dibattito presidenziale nella storia degli Stati Uniti ci ricorda la fragilità della democrazia, scrive Pierre Haski.
I momenti principali del dibattito
Oggi ci accorgiamo di quanto le istituzioni degli Stati Uniti, dopo aver resistito in qualche modo a quattro anni di amministrazione Trump, siano messe a dura prova, mentre aumentano i dubbi sulla capacità del paese di portare a termine elezioni trasparenti e una transizione senza scossoni. Un politico statunitense vicino all’amministrazione ha ammesso in privato di pregare affinché ci sia un plebiscito e non un risultato stretto, nel timore che possano verificarsi gravi incidenti. Sentendo parlare Trump la sera del 29 settembre, il motivo di questa preoccupazione risulta evidente.
Questa campagna elettorale turbolenta ci ricorda la fragilità della democrazia, anche nei paesi più solidi e sicuramente in quelli in cerca di stabilità, ma anche la necessità di costruire istituzioni forti, durature e capaci di affrontare possibili regressioni.Il pericolo si ripresenta anche in Europa, dove un braccio di ferro oppone l’Ungheria di Viktor Orbán alle istituzioni europee a proposito del concetto di stato di diritto.
Il rischio di regressione democratica, insomma, è presente ovunque, anche negli Stati Uniti. Questo è un regalo per i leader autoritari di tutto il mondo, che forti dell’esempio statunitense fanno di tutto per screditare l’idea stessa di democrazia.
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