L'inchiesta della DDA di Palermo ha portato all'arresto di 181 boss, estortori e gregari di Cosa Nostra, svelando un'intensa collaborazione con la 'ndrangheta calabrese per traffico di droga, acquisto di armi e tecnologia di sicurezza.
Un'indagine della Direzione Distrettuale Antimafia ( DDA ) di Palermo ha portato all'arresto di 181 boss, estortori e gregari di Cosa Nostra, rivelando un'intensa collaborazione tra mafia siciliana e 'ndrangheta calabrese.
Le indagini hanno evidenziato che oltre ad una solida alleanza per il traffico di droga, i capi mafiosi utilizzerebbero le competenze informatiche della 'ndrangheta nel dark web per l'acquisto di armi e per ottenere tecnologie che permettono di schermare i cellulari e renderli non intercettabili. Diversi mandamenti mafiosi sono coinvolti in questo nuovo tentativo di ricostruzione della Cupola provinciale. I magistrati hanno documentato come diversi capi-mafia utilizzassero cripto-telefonini per comunicare con uomini del proprio mandamento e con esponenti di altre cosche. Gli investigatori hanno individuato una rete di comunicazione che si avvaleva di utenze riconducibili alla compagnia telefonica spagnola Movistar, associate ad iPhone. Le utenze si connettevano alla rete internet attraverso l'APN m2mde.telefonica.com, tecnologia nota come 'No.1BC', una piattaforma di messaggistica criptata a pagamento gestita da una società con sede a Malta che consente lo scambio di messaggi di testo, note vocali e immagini garantendo un elevato standard di sicurezza e rendendo le relative comunicazioni non intercettabili. Attraverso questa rete, ad esempio, i mafiosi di San Lorenzo, Nunzio Serio e Francesco Stagno, parlavano con Emanuele Cosentino, detto il calabrese, che avrebbe dovuto fornire al clan sostanza stupefacente suddivisa in cinque pacchi. Nel corso delle indagini, i pm hanno scoperto che alcuni capi-mafia detenuti avevano a disposizione cellulari con cui comunicavano tranquillamente strategie del clan, partite di stupefacenti da acquistare e spedizioni punitive da organizzare. Una scoperta sconcertante che, secondo l'ex direttore generale dei detenuti e del trattamento Sebastiano Ardita, dipende da 'sciagurate scelte di gestione'. Ardita denuncia: 'Col pretesto del sovraffollamento si è deciso di aprire le celle dei mafiosi, il che consente ai più pericolosi di circolare e di assumere il controllo dei penitenziari'. La possibilità di una 'falla' nel sistema con le Procure che spesso non sono al corrente delle decisioni dei giudici di sorveglianza sulla scarcerazione dei boss è stata discussa anche durante l'audizione del giornalista de La Repubblica, Salvo Palazzolo, sotto scorta per aver ricevuto minacce. La presidente della Commissione Antimafia, Colosimo, ha ricordato che all'inizio della legislatura l'Antimafia ha chiesto dati al Dap e di averli in parte ricevuti. 'Non appena avremo il quadro completo, sentiremo in audizione il capo del Dap', ha detto Colosimo. Infine, il mirino delle indagini è rivolto alla rete di talpe che avrebbe avvertito i clan dei blitz imminenti. Tra gli informatori, non ci sono nomi negli atti dell'inchiesta. Di uno di loro, però, si dice la professione: avvocato. In un breve incontro, il legale, già iscritto nel registro degli indagati, il 26 maggio del 2023 avrebbe avvertito il boss di Partanna Mondello, Giovanni Cusimano, di essere indagato dai carabinieri e che nell'auto del suo autista c'erano microspie. 'Il discorso è che... i carabinieri mi tengono sotto', dice intercettato.
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