Una bozza di riforma potrebbe portare i medici di famiglia da un regime di convenzione a uno di dipendenza diretta dal SSN, suscitando dibattito e reazioni contrastanti.
La bozza di riforma del settore della Medicina generale in Italia potrebbe prevedere un cambiamento radicale per i medici di famiglia, che passerebbero da un regime di convenzione a un regime contrattuale di dipendenza diretta dal Servizio sanitario nazionale ( SSN ). Questa ipotesi, contenuta in un documento non ancora ufficiale, ha suscitato reazioni contrastanti tra i sindacati di categoria.
Da un lato, il coordinamento nazionale Fp Cgil Medici di Medicina Generale esprime favorevolezza, auspicando un'organizzazione integrata e multiprofessionale delle Case di comunità, che al momento rimangono spesso vuote e prive di personale. Dall'altro lato, il presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, esprime contrarietà, sottolineando che al momento non esiste alcun testo ufficiale che attesti questa proposta. Anelli sostiene che lo smantellamento dell'attuale sistema di convenzione ridurrebbe i livelli di tutela della salute dei cittadini e diminuirebbe l'autonomia dei professionisti. Secondo lui, il rapporto fiduciario tra medico e paziente, garantito dal sistema attuale, è fondamentale per il benessere dei cittadini e per ottenere migliori indici di sopravvivenza. La proposta, ad ogni modo, terrebbe in considerazione un ibrido del sistema attuale, con i medici di famiglia chiamati a gestire diverse responsabilità tra studi convenzionati, domicilio dei pazienti e Case di comunità. Questa situazione, secondo il coordinamento nazionale Fp Cgil Medici di Medicina Generale, porterebbe a un aggravamento dell'attuale carenza di personale e danneggerebbe l'assistenza ai cittadini.Il presidente della Federazione dei medici di Medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti, condivide le preoccupazioni di Anelli, definendo la proposta di passaggio alla dipendenza una maschera per una privatizzazione della Medicina generale. Secondo Scotti, questa ipotesi verrebbe rifiutata dai giovani medici per la mancanza di attrattività del sistema pubblico, con conseguente diffusione di strutture private e cooperative a gettone. In caso di implementazione, Scotti dichiarerebbe le proprie dimissioni dal SSN, come potrebbe fare un gran numero di medici. Alla luce di queste preoccupazioni, Scotti sottolinea che il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha negato pubblicamente il proprio interesse per questa misura, ma che ci sono pressioni da parte di alcune Regioni che chiedono la risoluzione della questione della carenza di medici per garantire il funzionamento delle Case di comunità. In questo contesto, Scotti ricorda che già nel recente contratto di convenzione con il SSN, firmato nel 2024, ci sono gli strumenti per definire la partecipazione oraria dei medici di famiglia nelle Case della salute.Il Sindacato medici italiani (Smi) si schiera anch'esso contro la proposta, evidenziando che un medico di medicina generale già affronta in media 75 accessi giornalieri, per un totale di circa 3,75 miliardi all'anno. Secondo la segretaria Pina Onotri, non c'è sufficiente tempo per svolgere attività aggiuntiva nelle Case di comunità. La questione del passaggio alla dipendenza diretta dal SSN per i medici di famiglia rimane dunque un tema dibattuto, con posizioni contrastanti tra i sindacati, le associazioni dei medici e il governo. La bozza di riforma non è ancora definitiva e il dibattito pubblico verrà probabilmente arricchito dalle diverse prospettive che hanno preso forma in questi primi giorni. Il futuro della Medicina generale in Italia si gioca dunque in questo terreno complesso, dove il benessere dei cittadini e il ruolo dei professionisti sono in bilico tra esigenze di efficienza e preservazione di un modello di cura fondato sul rapporto fiduciario
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