Giorgia Meloni assisterà al giuramento di Donald Trump come primo ministro italiano. La scelta è stata oggetto di diverse valutazioni e la premier italiana si troverà in una posizione di visibilità unica.
Giorni, settimane di attesa, ripensamenti. Poi solo all'ultimo l'ordine impartito ai suoi: 'Andiamo a Washington'. Venerdì sera, Palazzo Chigi. Quando Giorgia Meloni fa sapere che lunedì mattina sarà nell'aula del Capitol ad assistere al giuramento di Donald Trump , nessuno dei suoi collaboratori ha già fatto la valigia. È passato più di un mese dall'invito di Trump.
Informale, faccia a faccia, all'ombra di Notre Dame, dove a inizio dicembre è andato in scena il primo incontro tra la premier italiana e il presidente eletto americano. 'Vieni, ci conto'. Un biglietto offerto alla leader italiana una seconda volta nel vis-a-vis di Mar a Lago del 5 gennaio, durante la missione lampo di Meloni nella residenza di Trump in Florida per sbloccare il caso di Cecilia Sala. Per qualche ora, sull'indecisione della premier ha pesato anche il caso Santanchè. Non ci sarà Salvini invece. La Lega parteciperà alla cerimonia con Paolo Borchia (capodelegazione del partito al Parlamento europeo) che sarà a Washington insieme agli altri esponenti del gruppo dei Patrioti. Lo fa sapere il partito. Salvini - si spiega inoltre - ha scelto di rimanere in Italia alla luce di quanto sta emergendo sul fronte ferrovie dopo l'esposto del gruppo Fs e la denuncia per attentato ai trasporti confermata in queste ore. Salvini confida di potersi recare negli Stati Uniti il prima possibile. Santanchè a processo, il «vediamo» di Meloni e il gelo FdI: ora la ministra è appesa ad un filo Il caso Santanché La ministra del Turismo di Fratelli d'Italia rinviata ieri a giudizio per falso in bilancio che potrebbe essere accompagnata alla porta dal ministero dalla premier stessa, salvo ripensamenti. Poi ha prevalso la cautela. C'è ancora tempo per sciogliere il rebus Santanchè. Del resto il Capo dello Stato Sergio Mattarella si trova in Sicilia fino a lunedì e di un eventuale avvicendamento al ministero, con annesso giuramento del nuovo ministro al Quirinale (il deputato di FdI e consigliere di Santanché Luca Caramanna?) se ne riparlerebbe a partire da martedì. Dei duecento ospiti stranieri previsti alla cerimonia, Meloni è un pezzo pregiato della collezione Trump. Potrebbe essere l'unico capo di governo europeo. Forse affiancata solo da Viktor Orban, premier ungherese invitato anche lui personalmente dal Tycoon, tentato da un blitz all'ultimo minuto. Una vetrina unica, a conferma della special relationship già consolidata tra 'Donald' e 'Giorgia', sognano a occhi aperti i fedelissimi della premier. 'Una scelta imbarazzante' è invece l'affondo unanime delle opposizioni che puntano il dito sull'irritualità del viaggio a Washington e la presenza a una cerimonia, il giuramento presidenziale- per la seconda volta nella storia al chiuso, a causa del freddo artico della capitale - che di per sé non prevede sedie per i dignitari stranieri. Pro e contro Di certo è stata una scelta a lungo soppesata dalla presidente del Consiglio, che fino all'ultimo ha lasciato all'oscuro delle sue intenzioni i più fidati consiglieri, incluso il suo ufficio diplomatico. Un bilancino in bilico per settimane, si diceva. Pro e contro. Da un lato l'occasione della photo-opportunity definitiva. L'abbraccio a Trump nel giorno più importante, una pole position da spendere nei rapporti di forza in Europa. Von der Leyen non è stata invitata. Starmer neanche, di un invito al tedesco Scholz non si ha notizia. Macron, invitato da Trump a Parigi, ha preferito declinare. La linea telefonica tra lo Studio Ovale e Palazzo Chigi può allora diventare decisiva, di qui in poi, o così almeno sperano nel cerchio della premier. E poi ancora, da questo lato della bilancia, l'occasione di smarcarsi da Matteo Salvini. Il leader della Lega nella perenne doppia veste di alleato e rivale che rivendica un filo con Trump e ha provato a sondare il terreno anche lui per una trasferta americana, salvo poi rinunciare. Dunque i contro. Come l'operazione, politicamente rischiosa, di vestire in solitaria i panni di 'Trumpiana in chief' fra i leader europei. Con il sospetto, sempre da tenere in conto con Trump, che i continui endorsement non paghino alla prova dei fatti. Cosa succederà quando il capo dei Repubblicani terrà fede alle sue promesse sui dazi contro i prodotti europei? Saranno davvero risparmiate le eccellenze italiane? Quello sui dazi, per dire, è uno dei primi ordini esecutivi che finiranno sulla scrivania di Trump allo Studio Ovale già lunedì, quando in città ci sarà anche Meloni. Un momento potenzialmente imbarazzante, se dovessero colpire indiscriminatamente tutti i prodotti europei. Il tempo dirà
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