Meloni verso la de-escalation: accordo ai raggi d'ombra sui giudici costituzionali

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Meloni verso la de-escalation: accordo ai raggi d'ombra sui giudici costituzionali
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Con contatti serrati tra maggioranza e opposizione, l'intesa per la nomina dei quattro componenti mancanti alla Corte costituzionale sembra vicina. La fumata bianca non è ancora ufficiale, ma la sensazione è che si stia per raggiungere l'accordo. Il dossier è delicato e pone sfide anche sul fronte dell'immigrazione, con la questione dei Cpr in Albania all'ordine del giorno.

ROMA - Le prove di disgelo con la magistratura, i segnali di distensione con la Corte penale internazionale, l’occhiolino strizzato ai sindacati dal palco della Cisl. C’è già chi parla dell’ora della de-escalation per Giorgia Meloni : messi in stand-by i toni barricaderi delle ultime settimane, la premier è in prima linea per chiudere un’altra partita, quella dei giudici costituzionali.

Un dossier che sta particolarmente a cuore al Quirinale, in pressing da mesi affinché il Parlamento elegga i quattro componenti che impediscono alla Consulta di riunire il plenum. Alla vigilia dell'ennesima votazione l'accordo non pare lontano, anche se nessuno si sbilancia ancora. Si teme un colpo basso della Lega prima delle ultime trattative notturne. L’ATTESA FUMATA BIANCA La vigilia della nuova votazione del Parlamento in seduta comune è stata segnata da confronti fra i leader del centrodestra e contatti fitti fra maggioranza e opposizione. Con la premier Giorgia Meloni che sente al telefono la leader dem Elly Schlein, mentre gli “abboccamenti” con Giuseppe Conte, filtra dal Movimento 5 Stelle, risalirebbero ai giorni scorsi. La fumata bianca, stavolta, sembra davvero dietro l’angolo, con Palazzo Chigi pronto a dare il disco verde all’intesa. I parlamentari sono stati convocati in serata dai rispettivi gruppi, con un messaggio Whatsapp rimbalzato sui telefonini ma ancora senza indicazione di voto. Scheda bianca o i quattro nomi su cui si starebbe convergendo per centrare l’obiettivo. Sono quelli di Francesco Saverio Marini in quota FdI, Gennaro Terracciano proposto da FI, Massimo Luciani indicato dal Pd, e Maria Alessandra Sandulli come nome bipartisan. Ai piani alti del governo è considerata una partita da archiviare il prima possibile. Trovare la quadra, dunque, e tenere bassi i toni. Tant’è che dal vertice che ha visto di nuovo riuniti a Palazzo Chigi Meloni e i due vicepremier filtra ben poco. Al tavolo, a parlare di sanità, anche il governatore del Lazio Francesco Rocca, da giorni ai ferri corti con la Lega. Qualcuno pensa che con Salvini voleranno stracci, invece dalla Pisana assicurano che con il Carroccio è andata bene. Un grattacapo in meno, almeno per oggi. Mentre sulla riforma dei medici di base si prende tempo, facendo slalom tra gli ostacoli. IL NODO ALBANIA Profilo basso, dunque, anche perché restano tanti i fronti aperti per il governo, a partire dal dossier Albania. Meloni ha garantito che i centri «funzioneranno» e vuole dare un segnale immediato, in attesa di due snodi cruciali: la pronuncia della Corte di giustizia Ue sui Paesi sicuri e la nuova direttiva europea rimpatri. L'esecutivo sta esplorando la possibilità di rendere essenzialmente i Cpr le strutture per migranti in Albania, dove per ora è prevista solo in via residuale la funzione di centro di permanenza per il rimpatrio. Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, al question time alla Camera, ha parlato di «soluzioni in grado di superare gli ostacoli sinora incontrati, consentire la piena funzionalità e sviluppare le notevoli potenzialità di utilizzo delle strutture in Albania che fanno parte di un impianto polivalente». «Oltre a un hotspot ed a un luogo di trattenimento per le procedure accelerate di frontiera - ha sottolineato -, è già oggi presente in Albania un centro di permanenza per il rimpatrio, il cui utilizzo, proprio per questo, non determinerà nessun onere aggiuntivo». Servirebbe però un intervento normativo. Ci sono state già interlocuzioni con il Quirinale dai cui uffici sarebbero arrivare delle osservazioni. I tecnici stanno cercando di individuare il percorso adeguato, per una modifica del Protocollo (e servirebbe un negoziato con il governo dell'Albania, Paese chiamato al voto fra tre mesi) o della legge di ratifica, in vigore da poco meno di un anno. È difficile che arrivi per il Consiglio dei ministri in agenda lunedì.

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