Molti candidati non sanno ancora se sono stati eletti
A quasi due settimane dalle elezioni l’ufficio elettorale della Corte di Cassazione e il ministero dell’Interno non hanno ancora confermato l’elezione di molti parlamentari, che potrebbero lasciare il seggio ai candidati nei collegi plurinominali di altre regioni. I problemi sono dovuti alla lunghezza delle procedure necessarie per validare i risultati di ogni singola sezione.
Per come è stata pensata la legge elettorale, il cosiddetto “Rosatellum”, bastano infatti pochissimi voti per assegnare i seggi a un collegio invece che a un altro. L’incertezza, naturalmente, riguarda soltanto la parte proporzionale, che assegna i seggi alle forze politiche proporzionalmente alla percentuale che hanno preso. Al momento sembra che in bilico ci siano 13 seggi, 5 alla Camera e 8 al Senato.
Negli ultimi giorni la Corte di Cassazione ha analizzato i dati trasmessi dai presidenti di seggio al termine delle operazioni di scrutinio per individuare eventuali incongruenze. La verifica è indispensabile perché se una coalizione ha preso più voti di quelli che erano stati inizialmente calcolati, cambia anche il modo in cui i seggi vengono distribuiti sul territorio.
Il modo in cui avviene l’assegnazione non è casuale, ma si fa con il cosiddetto “calcolo dei resti”, che si può facilmente capire con un esempio: se un collegio assegna 10 seggi, e in quel collegio un partito prende il 22 per cento, quel partito ha diritto a 2,2 seggi. Gliene vengono assegnati 2 e lo 0,2 di resto viene messo da parte. Poi si mettono in fila i resti dei vari partiti in tutti i collegi, e chi ha i resti più alti ottiene i seggi da redistribuire.
In sostanza, se una lista in un collegio ha preso più seggi di quelli stabiliti a livello nazionale deve cederli, mentre una lista che ne ha ottenuti di meno dovrà riceverli. Un seggio eccedente in Sicilia può compensarne un altro in Lombardia o altrove con un meccanismo che è stato definito “flipper” per la sua difficile prevedibilità.
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