Non è una scuola per geni, gli alunni plusdotati gettano la spugna: “Si annoiano troppo” [di Giulia Torlone]
Sofia ha quattro anni quando, curiosissima, chiede alla mamma come nascono i buchi neri. Matteo, che di anni ne ha cinque e mezzo, vorrebbe sapere in che modo si formano i tornado e perché esistono i terremoti. Emanuele frequenta la terza elementare, i suoi voti non sono un granché, ma quando torna a casa legge voracemente storie della mitologia greca. Tutti e tre sono bambini cosiddetti plusdotati, o gifted: hanno un quoziente intellettivo superiore alla norma.
La storia di Antonio, che è quella di qualunque genitore di un ragazzo gifted, è fatta di incontri con psicologi, valutazioni, test e certificazioni da ottenere. Ma una volta avuta l’attestazione, ci si scontra con il sistema scolastico, che è ancora impreparato nella gestione di questi ragazzi geniali.
Così, ad oggi, nelle scuole si naviga a vista. La plusdotazione è stata inserita all’interno dei Bes, i bisogni educativi speciali, ma le direttive su come valorizzare le grandi curiosità e capacità degli studenti gifted non ci sono. Solo 95 istituti in tutta Italia hanno la certificazione nel trattamento della plusdotazione, nessun obbligo legislativo, ma la facoltà della scuola o del singolo insegnante nel seguire corsi di formazione sul tema.
«Questo permette al ragazzo plusdotato di confrontarsi con i compagni simili a lui, di sentirsi stimolato. Quando si permette a un giovane gifted di esprimersi, la relazione funziona. Bisogna tenere presente che spesso si annoiano, che possono avere comportamenti stravaganti e che c’è necessità di lavorare molto sul piano dell’interazione, perché spesso questi ragazzi sono carenti dal punto di vista della socialità» conclude Durante.