Le truppe di Mosca e Kiev combattono da tre mesi. Salgono le vittime e la lista dei territori devastati è ormai lunghissima, la diplomazia arranca. Parla il braccio destro di Zelensky e il 'cessate il fuoco' si allontana sempre più
Russia e Ucraina stanno per tagliare l'infausto traguardo del terzo mese di guerra e l'ipotesi "pace" non è, di fatto, sul tavolo. Sul campo si combatte e nelle retrovie la diplomazia arranca. A poco sono servite, se parliamo di cessazione delle ostilità, le sanzioni dell'Occidente e il supporto materiale fornito a Kiev facendo ben attenzione a non diventare parte belligerante .
Mosca e Kiev sono arroccate sulle loro posizioni. Una "fotografia" della situazione viene scattata da Mykhailo Podolyak, vicinissimo al presidente ucraino Zelensky e con un ruolo chiave nei negoziati. "Non offrirci un cessate il fuoco: questo è impossibile senza il ritiro totale delle truppe russe. L'Ucraina non è interessata alla nuova 'Minsk' e al rinnovamento della guerra tra pochi anni.
Kiev acconsente a decentrare il potere con una legge ad hoc per uno statuto speciale delle regioni ribelli. Nel febbraio 2015, viene siglato l'accordo "Minsk-2". Il documento riguarda il ripristino del controllo delle frontiere orientali da parte di Kiev e l'organizzazione di elezioni in Donbass, seguite dalla reintegrazione delle repubbliche separatiste nell'Ucraina con uno status di autonomia speciale.
Gli accordi di Minsk hanno ridotto l'intensità dei combattimenti, ma la parte politica ma non mai stata applicata. Per il Cremlino vanno prima attuate le disposizioni politiche e poi quelle militari, per l'Ucraina il contrario. Uno scontro mai cessato e che nel tempo ha portato alla cronaca di questi giorni. Questa la situazione al giorno 85 della guerra come spiegato dal premier italiano Mario Draghi al Senato oggi 19 maggio.
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