Il timore sollevato da una seconda ondata di contagi negli Usa ha fatto crollare il prezzo del barile di quasi il 10%, ma i fondamentali si sono rafforzati: senza nuovi lockdown presto le scorte caleranno
In tutto, tra il 16 maggio e il 5 giugno, i raffinatori americani hanno importato 32 mb da Riad e nello stesso periodo le scorte di greggio Usa sono salite di 20 mb , fa notare John Kemp, analista di Reuters. Sembrerebbe insomma trattarsi di un fenomeno contingente, oltre che localizzato dal punto di vista geografico.: nel Mare del Nord ad esempio gli stoccaggi galleggianti sono calati di ben il 35% rispetto al picco di 12 milioni di barili raggiunto a fine maggio, scrive Bloomberg.
In giro per il mondo c’è ancora tantissimo greggio a bordo di petroliere all’ancora: addirittura 180 milioni di barili, stima Vortexa. Ma l’incentivo ad accumulare barili è «fortemente diminuito», afferma Harry Tchilinguirian, oil strategist di Bnp Paribas: chi possiede scorte in mare «Probabilmente sta tenendo d’occhio la possibilità di vendite opportunistiche nel caso emergano sacche di recupero di domanda».
Nel caso del Brent lo spread a sei mesi si è ridotto a meno di 2 dollari al barile, contro i 12-14 dollari raggiunti tra marzo e aprile, che rendevano molto redditizio l’accumulo di greggio. Ora il gioco non vale più la candela. Presto – o addirittura prestissimo secondo alcuni analisti –Rystad Energy ritiene che fin da questo mese il mercato petolifero possa spostarsi in deficit di offerta e restarci «ininterrottamente fino alla fine del prossimo anno».
Perché lo scenario si realizzi tuttavia, sottolinea Rystad, occorre che «la disciplina dell’Opec Plus resti forte e che la traiettoria di recupero della domanda non sia alterata». Due rischi tutt’altro che trascurabili. Ma se il primo è sempre stato scontato dal mercato, il secondo era forse passato in secondo piano. La recrudescenza del coronavirus negli Usa lo sta riportando all’attenzione.
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