La ripartenza dell'Ilva si rivela più complessa del previsto. I commissari stanno rivedendo al ribasso la produzione prevista, portando alla richiesta di cassa integrazione per 3.420 operai. L'incertezza nel settore siderurgico e la forte riduzione dell'acquisto di acciaio da parte dei clienti creano un quadro preoccupante.
La ripartenza dell' Ilva non procede come previsto. È stata richiesta la cassa integrazione per 3.420 operai e i commissari stanno rivedendo al ribasso la produzione prevista. L'accordo di luglio prevedeva una produzione tra 1.220 e 2.450 tonnellate di acciaio, ma ora si prevede che mancherà oltre un milione di tonnellate per un anno, in maniera più massiccia rispetto alle previsioni iniziali.
Ai ministeri competenti e ai sindacati è stata presentata la richiesta di autorizzazione per la proroga del contratto di lavoro, con numeri che certificano come gli scenari estivi non stanno risultando realistici. I commissari, che guidano la siderurgica con una certa incertezza, ammettono che la situazione è più difficile del previsto. La previsione era di produrre tra i 18 e i 19 milioni di tonnellate di prodotto, ma questo sembra diventare più incerto, soprattutto in seguito alla previsione di una forte riduzione da parte degli acquirenti. Accanto ai tre player che gareggiano per l'intero gruppo, ci sono poi sette offerenti per le attività di acciaieria. Molti aderiscono alla richiesta che lo Stato mantenga una presenza forte all'interno della compagine societaria. Ma, come ribadito dal ministro per le Imprese e il Made in Italy, quella via non è tenuta in considerazione dal governo: «Non è necessariamente la soluzione al problema». La possibilità non è esclusa: «Sarà esaminata – ha sottolineato – ma non mi sembra che il bilancio di questi anni, in cui lo Stato ha partecipato in modo significativo, sia un esempio positivo».
ILVA Cassa Integrazione Produzione Siderurgia Economia Italiana
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