Questo articolo esplora il dibattito sull'utilizzo di robot umanoidi e propone un'alternativa basata sullo sviluppo di robot specializzati per compiti specifici.
Negli ultimi anni sono stati presentati molti prototipi di robot umanoidi , alcuni ne sono elettrizzati, altri terrorizzati, ma come si rende umano un robot? Un robot non può immaginare un essere umano, almeno per ora, mentre un essere umano può facilmente immaginare un robot. Che sia di metallo satinato e con forme sinuose come nel film imperscrutabile come Optimus di Tesla, quando pensiamo a un robot più o meno tutti ne immaginiamo uno con forme e fattezze umane.
L’idea di poterne avere un giorno uno in casa per farci compagnia e dare una mano con le faccende domestiche elettrizza alcuni e terrorizza altri, preoccupati all’idea che un umanoide possa un giorno decidere di sterminare i propri ospiti invece di innaffiare i gerani sul balcone. È un’eventualità poco credibile e da futuro distopico, ma dice qualcosa sul modo in cui molti vedono la robotica. È quindi in crescita un movimento che si distanzia il più possibile dai modelli umanoidi, cioè dallo sviluppo e dalla produzione di robot con fattezze umane. La rimozione delle sembianze umane, che in vari ambiti sono superflue, può aiutare a ridurre la diffidenza verso tecnologie che saranno sempre più presenti nelle nostre esistenze. In parte avviene già ora: milioni di persone hanno in casa piccoli robot aspirapolvere che puliscono pavimenti e tappeti, e che fanno la, mentre si farebbero qualche domanda in più se avessero in casa un robot che li osserva e passa l’aspirapolvere. La prima versione di Optimus, un robot con gambe, braccia e perfino una testa, diversi esperti di robotica criticarono la scelta che un robot non deve necessariamente assomigliarci in tutto e per tutto per svolgere certi compiti. In seguito Tesla avrebbe presentato nuove evoluzioni di Optimus, ricevendo questa volta lode per non avere chiarito che durante le dimostrazioni i suoi robot eseguivano comandi decisi in precedenza, senza avere un particolare livello di autonomia. Tesla dice che in futuro il suo robot potrà essere usato nelle sue fabbriche per produrre automobili elettriche, in altri contesti di lavoro e in casa come assistente domestico. Anche Boston Dynamics, la società statunitense famosa per i suoi robot quadrupedi, ha ricevuto nel tempo qualche critica per lo sviluppo di Atlas, un robot umanoide in fase di sviluppo che come Optimus ha braccia, gambe e testa. La società lo ha progettato per essere utilizzato in particolari contesti, per esempio per svolgere lavori pesanti o ripetitivi, e a differenza di Tesla ha dato ampie dimostrazioni della capacità del suo robot di gestirsi autonomamente quando deve svolgere un certo compito. Boston Dynamics ha comunque mostrato nel tempo di avere un approccio più pragmatico, non solo con Spot, il proprio quadrupede, ma anche con vari prototipi e prodotti che di umanoide hanno poco o niente. Handle è per esempio un robot che si tiene in equilibrio su due ruote e che usa un braccio meccanico snodato per raccogliere e spostare oggetti, come le scatole nei magazzini della logistica. Stretch è una versione simile, ma meno ambiziosa e con una base che si muove su ruote, sempre per la movimentazione dei pacchi. Ricorda più un robot che assembla le automobili nelle catene di montaggio che un compagno di vita. Le case in cui viviamo non sono magazzini o fabbriche con catene di montaggio, ma secondo diversi gruppi di ricerca potrebbero beneficiare di un approccio simile, orientato quindi a sviluppare robot specialisti che svolgono determinati compiti, senza la necessità di tenersi in casa un umanoide. L’idea è che si possano immaginare e progettare evoluzioni degli elettrodomestici già esistenti, per delegare loro certe attività che non vogliamo fare oppure per tenerci compagnia e assisterci nel corso della giornata. Oggetti con cui abbiamo già una certa familiarità e che non susciterebbero particolari inquietudini qualora acquisissero maggiore autonomia. Per quanto ancora non sempre affidabili, i robot aspirapolvere sono un esempio delle potenzialità da sfruttare in questo ambito. Mappano automaticamente le stanze e i mobili, rilevano gli ostacoli, vuotano da soli il contenitore dove raccolgono la polvere, hanno serbatoi per lavare i pavimenti e rilevano la quantità di sporco tarando i lavaggi di conseguenza. Alcuni possono essere comandati a voce e interagiscono con gli assistenti vocali in casa, altro esempio di evoluzione di un classico altoparlante per la musica verso qualcosa di più complesso e che può fornire assistenza, in modo comunque discreto. Alcuni produttori hanno provato a costruire sul successo dei robot aspirapolvere altre soluzioni, distaccandosi comunque dall’approccio umanoide. Lo hanno fatto sia per necessità economiche – costruire un robot con molte articolazioni costa – sia per sperimentare modalità più semplici di interazione tra i loro prodotti e gli esseri umani. I risultati non sono stati però incoraggianti. Astro, un piccolo robot per la casa definito da molti un’Alexa con le ruote, cioè una versione mobile della sua assistente vocal
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