Sabina Guzzanti a Venezia: «Il mio documentario sull’occupazione»
«Io non sapevo cosa cercavo quando sono arrivata in quel palazzo, forse un’ispirazione, o un po’ di fiducia nel genere umano», dice, è il nome che è stato dato al palazzo, il sottotitolo del filmato è «Che fatica la democrazia!»). È la storia del a due passi da San Giovanni, in via Santa Croce di Gerusalemme. Sabina lo definisce, ospite alle Giornate degli autori-Notti Veneziane .
Ogni nucleo familiare è chiamato a concorrere alle spese pubbliche con 10 euro al mese, una cassa comune. «Soldi in nero? Su questa materia c’è il decreto Lupi,, che non funziona, oltre a essere ingiusto». Una Repubblica anarchica? «Anarchica no, sarebbe troppo evoluta.». La chiesa ne viene fuori bene, meglio dei politici, tra coloro in prima fila nella pratica degli sgomberi Guzzanti cita la sindaca Raggi oltre a Salvini e Giorgia Meloni.
L’edificio è di sette piani, gli ultimi due sono destinati ad attività culturali, corsi, laboratori, performance. Nel filmato si vedeinterrogati da Sabina nel ruolo dell’«oppressora», una giornalista che li accusa di violenze e di spacciare, auspicando che si metta fine «a questa farsa». «Spero che non vi siate offesi», dice Sabina.
C’è una scena esilarante in cui un transessuale legge una storia ai bambini. «Abbiamo avuto qualche problema - dice Sabina - un musulmano ha chiesto: è normale che si fanno ‘ste cose in Italia? L’arte è arte. Perlomeno rendiamo libera l’arte, gli è stato risposto. E gli arabi l’hanno accettato». Come ha pensato al documentario? «. Le occupazioni non sono affatto aperte. C’è stato un processo di avvicinamento per farmi accettare.
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