Il cantante dei Negramaro, Giuliano Sangiorgi, si è espresso sulla vicenda dell'esclusione del rapper Tony Effe dal concerto di Capodanno a Roma a causa di alcuni testi ritenuti offensivi. Sangiorgi sottolinea l'importanza della libertà di espressione artistica, pur riconoscendo l'importanza del rispetto verso gli altri.
L'esclusione dal concerto di Capodanno a Roma del trapper Tony Effe sta facendo discutere. In tanti, da Emma, Noemi, Giorgia, Vasco Rossi, Mahmood e Mara Sattei si sono espressi sulla vicenda che ha visto l'ex leader della Dark Polo Gang fuori dal concertone a causa dei suoi testi contenenti frasi considerate misogine, sessiste e violente. Gli artisti parlano di censura, e per questo il concerto di fine anno della capitale è più che mai in bilico.
Mahmood e Mara Sattei, previsti inizialmente nel programma, hanno annunciato che non prenderanno parte all'evento. Insomma, intorno alla questione regna il caos. Intanto, però, sempre più artisti del mondo musicale si stanno esprimendo sulla vicenda. Ad unirsi al coro c'è anche il frontman dei Negramaro, Giuliano Sangiorgi «L’arte, per sua natura, è un’espressione di libertà» ha detto Sangiorgi in un'intervista rilasciata a la Repubblica. Il cantante non ha dubbi, un'artista deve esprimersi liberamente: «Il desiderio di libertà è una mia ossessione. Ovviamente quella assoluta non è sciolta da qualsiasi legame. Si tratta di imparare a fare quello che vuoi rispettando anche quello che vogliono gli altri. Un artista deve potersi esprimere nella maniera più autentica, anche quando ciò che racconta può risultare scomodo o divisivo». Il suo caso Sangiorgi ha raccontato come in passato sia stato costretto a modificare un suo grande successo perché il suo contenuto poteva essere frainteso: «A volte capita di trovarsi davanti a un bivio e dover fare delle scelte personali, come è successo a me, qualche tempo fa, quando ho scritto Attenta, che in origine conteneva delle frasi che potevano essere fraintese e in quel caso ho deciso io stesso di cambiarle e riferirle a me (“attenta che mi uccidi in questa stanza”). Era più importante dare un segnale forte contro la violenza sulle donne, anche se questo avesse comportato una mia limitazione. Ho scelto. E lo rifarei, per difendere una donna, anche solo una, con una piccola canzone»
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