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I partiti di governo prendono le distanze all’unisono dagli aumenti concessi in agosto al presidente dell’Inps Pasquale Tridico e all’intero Cda dell’istituto.

E tuttavia non riescono a mettere a fuoco con esattezza il problema che li riguarda: la disconnessione, mai evidente come in questo caso, tra le scelte del Palazzo e la condizione anche emotiva del Paese. È una disconnessione “politica” nel senso più profondo del termine, perché l’arte di gestire la Polis è innanzitutto quella di capirne e interpretarne problemi e sentimenti.

Mistero. O forse ovvia dimostrazione della differenza, a lungo dimenticata, che passa tra la categoria del populismo e un'autentica vocazione popolare. I desideri, le emozioni, le volontà del popolo sono da anni la bussola quasi esclusiva dei partiti, talvolta la loro ossessione, nonché il metronomo che regola i tempi del governo e del Parlamento, suggerisce di dilazionare o accelerare leggi, lanciare campagne o metterle a dormire.

Sta attingendo ai risparmi per sostenere figli che hanno perso il lavoro. Tira la cinghia in cassa integrazione senza sapere se a gennaio avrà ancora un reddito o no. Cerca la via dell’emigrazione. Una percezione anche minima di questa condizione, che riguarda una parte rilevante dei cittadini, sarebbe bastata a suggerire un rinvio degli aumenti ai dirigenti Inps.

Sarebbe stato forse ingiusto - Tridico prendeva uno stipendio ridicolo, meno di un dirigente di seconda fascia – e magari scoraggiante per i vertici dell’Istituto, su cui pesa un superlavoro mai visto. Ma la politica è fatta anche della capacità di capire la condizione generale del Paese, e di pronunciare un “non possumus” quando i tempi lo richiedon

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