Settimana decisiva per il risiko bancario italiano

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Settimana decisiva per il risiko bancario italiano
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Numerosi appuntamenti chiave in programma per gli istituti bancari italiani, tra cui Mediobanca, Banca Popolare di Sondrio, Unicredit e Banco Bpm. Gli osservatori attendono con particolare interesse i risultati di bilancio e le mosse di Unicredit su Banco Bpm.

Si apre una settimana densa di risultati, numeri e comunicazioni al mercato da parte di alcuni degli istituti chiave della nuova stagione del cosiddetto “risiko” bancario italiano, cioè una fase di consolidamento e quindi di possibili aggregazioni, da tempo invocato dai regolatori e dalle autorità del settore. L’obiettivo? Consentire al nostro sistema finanziario di avere una forza maggiore nella competizione sullo scenario internazionale, in termini di volumi e capitalizzazione.

Si parte da Mediobanca che oggi, a mercati chiusi, comunicherà al mercato il bilancio dell’ultimo semestre. Le aspettative sono volte a un nuovo rialzo degli utili e dei ricavi, numeri che saranno studiati attentamente dal mercato perché costituiranno il biglietto da visita con cui Piazzetta Cuccia mostrerà la sua forza e la sua ennesima resistenza al tentativo di aggregazione lanciato da Mps. Ricordiamo che il bilancio presentato la scorsa estate era stato considerato “record” in termini di ricavi, lievitati a 3,6 miliardi, e un utile netto aumentato del 24% a 1,27 miliardi di euro. Domani sarà poi la volta di un’altra delle protagoniste del consolidamento italiano: Banca Popolare di Sondrio riunirà il suo consiglio di amministrazione per una prima valutazione dell’Ops (offerta pubblica di scambio) lanciata da Bper la scorsa settimana. Il valore dell’operazione è pari a 4,3 miliardi ed è basata sull’offerta di scambio di 1,45 azioni ordinarie per ogni azione di Popolare di Sondrio. L’istituto valtellinese – l’ultima delle ex banche popolari ancora sul mercato - ha già ribadito in una nota diramata nei giorni scorsi che l’offerta di Bper “non è stata in alcun modo sollecitata, né preventivamente concordata”. Si tratta in sostanza di vedere se la proposta di aggregazione della banca guidata dall’ad Gianni Franco Papa verrà formalmente definita “ostile” e quali considerazioni ulteriori verranno inserite nel comunicato. Ricordiamo che anche Unipol, primo azionista di entrambe le banche con una quota di poco inferiore al 20%, riunirà il cda in settimana – esattamente giovedì 13 febbraio – per approvare i conti di periodo e in quella occasione potrebbe fornire le prime considerazioni in merito all’operazione. Sempre domani l’agenda prevede la pubblicazione dei risultati di periodo anche per Unicredit e Banco Bpm. Due istituti il cui presente si lega a doppio filo dopo il lancio, lo scorso novembre, da parte della banca di Piazza Gae Aulenti di un’offerta pubblica di scambio dal valore di 10,1 miliardi. “I risultati che saranno comunicati nelle prossime ore saranno sensitive per il mercato, più del solito – ci dice Rony Hamaui, professore di economia monetaria all’Università Cattolica di Milano e attento osservatore del settore bancario – perché andranno a determinare i valori di borsa in maniera decisiva. Molte delle aggregazioni lanciate negli ultimi mesi sono infatti operazioni di scambio di azioni e non offerte in denaro. Cosa significa? Che le quotazioni in borsa sono diventate cruciali sia nel rendere possibile l’operazione che nel garantirne il successo. Inoltre, alcuni degli offerenti hanno chiaramente detto che avrebbero atteso la pubblicazione dei risultati di bilancio per poter decidere in merito ad un possibile rilancio”. E questo è quello, ad esempio, che gli operatori di borsa si aspettano da parte di Unicredit su Banco Bpm. Per queste ragioni, la settimana che è appena iniziata potrebbe essere decisiva e dare vita a nuove iniziative da parte dei protagonisti del risiko bancario italiano. Ultimo, in ordine di tempo, tra gli appuntamenti da segnalare è il Capital Markets Day di Commerzbank. Resta aperta l’ipotesi di scalata lanciata alla fine dello scorso anno da Unicredit che è arrivata a detenere un 28% potenziale nel capitale della banca tedesca, tra una quota del 9,5% detenuta direttamente e un altro 18,5% attraverso strumenti derivati. L’operazione è in stand-by dopo la levata di scudi di Berlino e del management dell’istituto. Si tratterebbe di una operazione di aggregazione transfrontaliera pronta a fare scuola, se andasse in porto, ma i nodi da sciogliere restano numerosi. Primo fra tutti l’assetto politico tedesco che sarà definito nelle prossime settimane. Non resta che aspettare, almeno fino a quando si conoscerà l’esito delle elezioni anticipate del 23 febbraio

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