Studenti Occupano Facoltà Universitarie in Serbia, Richiedono Dimissioni del Presidente Vučić

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In Serbia, gli studenti hanno occupato decine di facoltà universitarie, riunendosi quotidianamente in assemblea per criticare il presidente Aleksandar Vučić, ma cercando di mantenersi fuori dalla politica tradizionale.

In Serbia , gli studenti hanno occupato decine di facoltà universitarie, riunendosi quotidianamente in assemblea per criticare il presidente Aleksandar Vučić , ma cercando di mantenersi fuori dalla politica tradizionale. Tutto è iniziato a Novi Sad , a circa 60 chilometri da Belgrado, lo scorso 1° novembre. Le proteste in Serbia negli ultimi anni erano già state caratterizzate da periodi di grandi manifestazioni contro il governo, poi finite nel nulla.

Oggi sembra che la situazione sia diversa, e questo grazie all'impegno e agli sforzi degli studenti, e ai metodi originali con cui organizzano e alimentano le proteste. Le principali richieste degli studenti riguardano la pubblicazione dei documenti relativi alla ristrutturazione della stazione di Novi Sad, che al momento sono stati secretati, l'incriminazione delle persone accusate di aver attaccato professori e studenti durante le proteste, l'annullamento delle accuse nei confronti degli studenti arrestati durante le proteste e l'aumento dei fondi per l'istruzione. Vučić, leader politico nazionalista e conservatore, che domina la politica serba da una decina d'anni, ha anche spinto alle dimissioni il primo ministro, un suo ex collaboratore. Le proteste però non si sono interrotte: secondo gli studenti, le assemblee che si riuniscono quotidianamente funzionano seguendo i principi della democrazia diretta. È proprio grazie a questa particolare articolazione che le proteste sono diventate così centrali nel dibattito pubblico del paese.Al plenum di ogni facoltà possono partecipare tutti gli studenti che sono iscritti e che desiderano farlo. «Nell’assemblea ogni studente ha diritto di parola e di voto, gli ordini del giorno vengono decisi in comune, e dopo una discussione le decisioni vengono prese a maggioranza dei presenti», dice una studentessa della Facoltà di Arti drammatiche (FDU) di Belgrado, che insieme ad altri è responsabile dei rapporti con i media e che ha chiesto di restare anonima. Gli studenti della FDU di Belgrado sono stati i primi a occupare la propria facoltà, e il loro esempio è poi stato seguito da moltissimi altri. La decisione è stata presa lo scorso 26 novembre, dopo che alcune persone attaccarono studenti e professori che stavano bloccando il traffico nei pressi della sede dell’università, in segno di solidarietà alle vittime di Novi Sad. «Dopo gli attacchi non sapevamo bene come reagire, così ci siamo riuniti in assemblea: quello è stato il nostro primo plenum, anche se di fatto si trattava di un plenum informale, non lo chiamavamo ancora così», ha detto la studentessa.I plenum si tengono in tutte le facoltà occupate in Serbia, e le votazioni servono per fare in modo che ogni decisione organizzativa rifletta la volontà degli studenti. Al tempo stesso, però, le assemblee hanno anche un’importante funzione protettiva per chi decide di protestare. In Serbia gli attivisti e in generale le persone critiche nei confronti del governo subiscono spesso attacchi e intimidazioni da parte delle autorità e dai giornali vicini al governo. Negli scorsi anni diverse organizzazioni internazionali hanno accusato le autorità serbe di limitare la libertà di espressione e di stampa nel paese, e di avere aumentato le pressioni sulla stampa indipendente e nei confronti dell’opposizione e degli attivisti. Il meccanismo dei plenum, secondo gli studenti, permette di proteggere i singoli partecipanti dai rischi che comporta manifestare ed esporsi politicamente. «Il plenum in quanto assemblea rappresenta tutti noi: per questo motivo non esistono portavoce o capi di questa protesta, e questo ci protegge, perché impedisce che il governo possa trovare qualcuno da attaccare direttamente», ha spiegato la studentessa della FDU. La facoltà di Belgrado è occupata da quasi tre mesi: di norma nessuno, tranne gli studenti e le persone che ci lavorano, può entrare. È una comunità chiusa e autogestita, insomma, e ogni singola questione che la riguarda viene discussa e affrontata dal plenum e dai diversi gruppi di lavoro costituiti al suo interno: tra gli altri, ne esiste uno che si occupa della sicurezza; uno che si occupa di organizzare le attività all’interno della facoltà; uno che si occupa di gestire le donazioni fatte da vicini e simpatizzanti, soprattutto di medicinali, prodotti per l’igiene e cibo. Tra le tantissime decisioni che prende sulla vita quotidiana all’interno della facoltà, il plenum approva o rifiuta anche le richieste dei giornalisti che chiedono un’intervista con gli studenti: occorre presentarsi, fare richiesta, e aspettare che il plenum decida con una votazione. «Uno dei motivi principali per cui abbiamo iniziato questa occupazione è che non ci sentivamo al sicuro, né all’interno della facoltà né, più in generale, nel resto del paese. Chiunque poteva passare per strada e attaccarci», ha detto la studentessa.

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