Gli abitanti di Gardi Sugdub, minacciati dall’innalzamento dei mari, sono i primi sfollati climatici delle Americhe. Nell’isola panamense sono cominciate le operazioni di evacuazione Leggi
Il primo segnale di un mondo che non esiste più è l’assenza di odori. Non si sente l’odore del sale, del pesce e neanche del vento fresco nell’arcipelago di Guna Yala, o San Blas, composto da 365 isolette di sabbia color avorio. Il mare è turchese, incredibilmente trasparente, tanto che si vedono i pesci multicolori, le stelle marine e i coralli a forma di nuvole rosa senza bisogno d’immergersi. Un paradiso da cartolina.
Panamá, un istmo strategico che collega due continenti, perderà il 2,01 per cento del suo territorio. L’improvvisa migrazione di milioni di persone – che diventeranno sfollati climatici – avrà conseguenze catastrofiche per la società, l’economia e l’ambiente. Adams mi prepara spiegandomi che cent’anni fa i nativi, stanchi delle zanzare che trasmettevano la dengue, la malaria e altre malattie tropicali, migrarono verso le isole. Gardi Sugdub, con le sue robuste mangrovie verde brillante, rifugio di uccelli, di pesci e di altre forme di vita, era una delle più ambite dell’arcipelago.
Mi torna in mente una frase dell’antropologo brasiliano Eduardo Viveiros de Castro: “Gli indigeni sono degli specialisti della fine del mondo, perché il loro mondo è finito nel cinquecento”.L’arrivo “Ci volevano otto ore per arrivare in città su questa strada, che era un sentiero fangoso. Tutte le gioie vogliono l’eternità”, commenta all’improvviso.
Le donne ereditano le case dei genitori, gestiscono le piantagioni di cocco e cuciono a mano le molas, ritagli di tessuto colorati Siamo passati da 1,5 milioni di tonnellate di plastica prodotte nel 1950 al numero esponenziale di 390 milioni di tonnellate nel 2022. Alla fine lo vedo con i miei stessi occhi, non lo leggo seduta su questa barca che mi porta a Gardi Sugdub. Viaggiamo con due chili di riso, un chilo di lenticchie, un chilo di fagioli, prosciutto, formaggio, pane, salse di pomodoro e 75 bottiglie d’acqua.
I guna di Gardi Sugdub non sono gentili. Mi sembra che siano stanchi di sentirsi chiedere di un riscaldamento globale che secondo loro non esiste. Lo negano. Amano quest’isola e gli piace vivere così. Non vorrebbero trasferirsi nella Barriada, diciassette ettari sulla terraferma che gli appartiene dal 1938, quando ottennero costituzionalmente l’autonomia geografica e culturale. Ma non hanno scelta: sono già state costruite trecento case e una scuola per accogliere 1.200 studenti.
Poi gli ho chiesto cosa lo preoccupasse di più e mi ha parlato della droga. Nei primi tre mesi di quest’anno le autorità hanno sequestrato più di trenta tonnellate di cocaina. Panamá è un punto di transito per gli stupefacenti che vengono dalla Colombia e sono diretti negli Stati Uniti. “Quando sono inseguiti dalla polizia, i narcotrafficanti gettano il loro carico in mare. I nostri giovani trovano questi pacchetti e li vendono.
Dopo una notte quasi insonne e una colazione a base di pane e caffè, usciamo con Leo per intervistare il preside della scuola che sta sprofondando. L’edificio è pieno di crepe, i pavimenti sono corrosi dalle onde e i muri scrostati. Seicentocinquanta studenti fanno lezione in due turni: mattina e pomeriggio. Molti arrivano da altre isole.
Erika, la rappresentante di Transshipping Agents , ci spiega che ogni passeggero ha pagato 21mila dollari per passare una settimana in questi mari cristallini. Ogni mese a San Blas approda una nave da crociera di lusso, senza contare le migliaia di barche a vela e altre imbarcazioni private. Tutti pagano una tassa d’ingresso. Sono piccole fortune per i guna. Alle cinque di pomeriggio torniamo a Gardi Sugdub.
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