La storia di Timothy Weah alla Juventus è cambiata radicalmente in un anno. Dopo un inizio timido, l'americano è diventato un giocatore chiave per la squadra di Allegri, dimostrando la sua versatilità e capacità realizzativa.
Dove lo metti sta. E fa sempre bene. La partita contro il Milan ha dimostrato una volta di più l'importanza di Timothy Weah nella stagione della Juve.
Un giocatore che spesso non colpisce perché nella maggior parte delle partite non inizia da titolare, ma che alla fine risulta tremendamente decisivo: fa tutti i ruoli dell'attacco, segna gol pesanti, ha una media realizzativa per minuti giocati inferiore soltanto a Dusan Vlahovic ed è il miglior giocatore di Serie A per reti in relazione ai tiri. E pensare che era stato acquistato come terzino... Era nella posizione di esterno basso che Paulo Fonseca, allora allenatore del Lilla, lo aveva infatti plasmato durante la stagione 2022-23, sfruttando la sua applicazione e la 'gamba', che gli permetteva su e giù sulla fascia. Certo, però, ne limitava la creatività che aveva messo in mostra negli anni precedenti, quando, da spalla di Yazici prima e di Jonathan David poi, aveva dimostrato di saper incidere abbastanza sotto porta. Figlio d'arte giunto nel paese in cui il padre aveva vissuto gli anni migliori della sua carriera, Weah nell'estate del 2023 era stato l'unico colpo di mercato della Juve. Costato 10,3 milioni (più 2,1 di bonus), l'americano arrivava in bianconero per raccogliere l'eredità dello svincolato Cuadrado nel 3-2-5 di Allegri, ma del colombiano non aveva certo la fantasia e lo spunto. E nonostante non avesse praticamente un'alternativa (al suo posto l'ex tecnico bianconero ha adattato McKennie) Weah ha fatto fatica a imporsi: mai veramente titolare (appena 12 gare in A dal 1'), nessun gol, zero assist (non si può considerare tale il passaggio a Locatelli per il tiro da lontanissimo deviato nella porta del Milan), una media voto di 5,52 e addirittura una fantamedia di 5,45. Davvero troppo poco per un calciatore con le sue caratteristiche, limitato però dallo stile di gioco e, probabilmente, anche da un approccio troppo timido al mondo Juve. Un anno più tardi, la storia di Tim è completamente cambiata. Riportato da Thiago Motta nel terzetto offensivo (a destra, a sinistra o al centro da finto nove, a seconda dell'occorrenza), l'americano adesso rappresenta un uomo in più per i bianconeri: nonostante abbia giocato appena 9 partite da titolare (anche a causa di un paio di infortuni muscolari) ha già raggiunto quota 5 gol e 4 assist, soltanto una rete in meno della sua migliore stagione, sei anni fa, tra Psg e Celtic. Il suo impatto, poi, è sempre pesante: a segno con Como, Inter, Parma e Torino quando inizia dal 1', in gol contro il Milan o capace di servire l'assist a McKennie nel big match Champions contro il Manchester City quando subentra. E così, anche un po' a sorpresa, dietro a Vlahovic (un gol ogni 157'), c'è Tim (uno ogni 190'). Ma rispetto a Dusan, è un cecchino: Weah segna circa una volta ogni due tiri (0,42 gol per tiro, il miglior rendimento del campionato), il serbo una ogni 7 (0,06 e 137° in A). 'Motta può farlo crescere a livello tattico e di personalità - ha spiegato papà George a Sportweek -. E poi il tempo è dalla sua parte: se penso alla mia carriera, mi rendo conto che ho cominciato a giocare bene a 25-26 anni'. E allora chissà che non sia anche questione di genetica..
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