Migliaia di persone sfilano a Roma. Salvini sfida le regole e si presta ai selfie a viso scoperto.
La fase 3 dell’Italia inizia il 2 giugno in via del Corso a Roma, con un giorno di anticipo rispetto al resto d’Italia ma soprattutto senza nessuna delle cautele richieste a chiunque nel mondo da tre mesi.
All’inizio dovrebbe essere solo un sit-in con uno striscione tricolore lungo mezzo chilometro, a cui si aggiungono però un migliaio di persone accalcate come non accadeva dai tempi delle Sardine. Le forze dell’ordine sono ovunque, ma nessuno interviene se non per qualche generico richiamo. C’è Katia, titolare di un ristorante a Mantova. È arrivata in auto insieme ad altri tre. «Sì, da fuori regione, tanto nessuno controlla nulla e io sono qui per chiedere le dimissioni di un governo che non sa lavorare». Ci sono i monarchici del partito Real Democratico, bandiera del Regno d’Italia al vento.
È Matteo Salvini il problema. Rimane tra la folla mezz’ora più di tutti gli altri, una mezz’ora al di fuori di ogni protocollo di sicurezza. È lui che tutti vogliono ed è lui stesso a volere la folla. «Matteo, salvaci tu!» lo invocano. «Salvini, portaci fuori dall’e
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I vantaggi delle donne al potereCaro Direttore, è una correlazione dirompente, che però nel nostro Paese è stata quasi completamente ignorata nel dibattito pubblico. Ed è questa: i governi guidati da donne hanno dimostrato capacità decisamente migliori nel gestire la crisi. Un’analisi da noi condotta e pubblicata a livello internazionale dimostra, per esempio, che i Paesi a guida femminile hanno sofferto meno di un sesto delle morti per Covid-19 dei Paesi guidati da uomini, hanno avuto picchi di mortalità sei volte inferiori, ed un numero medio di giorni con decessi pari a 34 (a fronte dei 48 di media nelle altre nazioni). Fattori pregressi e contingenti possono spiegare tale correlazione. Molte delle società che hanno scelto delle donne come leader, in particolar modo se progressiste, sono quelle che negli anni hanno posto più enfasi sul benessere sociale e ambientale, investendo con maggiore determinazione ed efficacia in sanità pubblica e in azioni mirate alla riduzione dell’inquinamento atmosferico (che sappiamo aggravare l’impatto del Covid e causare molte altre patologie, con più di 80.000 morti l’anno solo in Italia). A tali fattori di contesto, si aggiunge un’indubbia tempestività nella reazione alla crisi. Il governo della taiwanese Tsai Ing Wen ha introdotto misure specifiche prima di ogni altro Paese della regione, riducendo le morti ed evitando poi di imporre un lockdown. La sua collega neozelandese Jacinda Ardern ha lanciato subito una campagna di informazione e prevenzione, puntando sulla collaborazione dei cittadini e chiedendo alla politica di dare l’esempio, anche rinunciando allo stipendio durante i mesi di crisi: uno stile empatico che i media hanno raffrontato a quello sprezzante dell’inglese Boris Johnson. Finlandia, Danimarca, Islanda e Norvegia, tutti guidati da donne, hanno agito senza esitazioni, contenendo danni sociali ed economici, diversamente dalla Svezia, che invece ha messo le prerogative economiche davanti a quelle sanitarie e ambientali, terminando con il più alto
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